mercoledì 21 novembre 2012

Storie di ordinario vicinato: il racconto

Sei cinque otto. Sei cinque otto. Sei cinque otto. Dal terzo piano riesco a riconoscere esattamente cosa si sta ripetendo Leandro. Oggi deve comunicare il consumo effettuato di gas del palazzo e di buon mattino è già al lavoro. Leandro è il portiere dello stabile di Corso Tripoli. Come prima di lui lo è stato il padre Sandro. Mi ricordo ancora della nascita di Leandro. Era una sera d’estate, di quelle afose in cui il fiume restituisce agli abitanti tutta l’umidità accumulata. Stavo giocando con Giulia a “pigliabimbo”, quel gioco che ho sempre odiato ma sempre praticato perché già succube del fascino femminile. E dire che avevo solo dieci anni. Erano le otto e trenta di sera e ci trovavamo in cortile dopo essere sfuggiti alla visione del telegiornale (avere una madre maestra ti porta questo e altre imposizioni). Era il mio turno di pigliabimbo e Giulia e Giada stavano già correndo ma venimmo tutti interrotti all’arrivo trombettante di Sandro che con il suo accento ligure annunciava a gran voce la nascita del figlio.
E’ nato e sta bene” urlava a tutti. Purtroppo con gli anni una parte di questa frase si sarebbe rivelata non vera. Nel giro di pochi minuti, vidi scendere in cortile mia madre, mio padre, i nonni di Giulia, la sorella di Giada e via via tutti gli abitanti delle palazzine gemelle. Mi ricorderò sempre l’espressione di Sandro, i suoi occhi lacrimanti, le sue braccia pronte ad accogliere tutti in un momento di condivisione. Ancora oggi se mi chiedono cosa sia la felicità prima di rispondere ripenso a quella sera e a quell’uomo che declamava l’arrivo del primogenito.

Leandro rimane una certezza. Almeno lui. Nei miei ormai cinquant’anni di vita non ho mai incontrato un uomo come lui. Preciso, puntuale, affidabile. Ancora una volta torno a casa e trovo la posta divisa per priorità, prima i pacchi, poi le raccomandate quindi le riviste. La prima volta che venni a vedere l’appartamento fu proprio lui a guidarmi nella visita, facendomi notare tutti gli aspetti, positivi e negativi. Riuscì anche a farmi dimenticare la sua disabilità. Se non fosse per quegli occhiali spessi probabilmente riuscirebbe a ingannare buona parte delle persone che incontra e con cui ha a che fare. Che poi usare il termine ingannare è sbagliato. Leandro è lo specchio della sincerità. Se mio nipote avesse solo la metà della forza morale di Leandro non avrei trovato tra la posta una sua lettera. Ma cosa la apro a fare, tanto sarà l’ennesima richiesta di soldi. Tanto bravo, tanto intelligente quanto poco coraggioso. Coraggioso, in realtà non è questione di coraggio, basterebbe un po’ di umiltà. Avere un nipote che dà per scontato che poiché la zietta non ha figli deve dare tutto a lui. E poi il vecchio ricatto morale dell’aver perso il padre a vent’anni sta diventando un’arma troppo usata. Sicuramente avrà già messo gli occhi anche su questo appartamento. Ma le persone che danno per scontati i rapporti umani non mi sono mai piaciute. I rapporti sono un continuum tra due persone. Soprattutto per quanto riguarda la fiducia, basta vedere il rapporto che in questo posto vige tra i coinquilini e Leandro. A volte mi piace pensare che l’equilibrio di queste due palazzine sia sorretto dal nostro giovane portiere che seppur limitato nelle facoltà mentali potrebbe dare lezioni a tutti noi di buon senso. I rapporti di condominio, che delizia... Se non ci fossero aumenterebbero i disoccupati in questo paese. D’altronde tutti questi avvocati dovranno pur avere un lavoro mi verrebbe da pensare. Vero è che se fossero come tutti noi dello stabile di Corso Tripoli, molti avvocati finirebbero con il fare i camerieri. O forse scoprirebbero il piacere di reinventarsi, quello che io ormai ho perso per strada.

Disabile, diversamente abile, diversabile: la diversità secondo i criteri del politicamente corretto”. Giuro che la prossima volta che mi laureo scelgo un tema più semplice. Giuro che la prossima volta che nasco mi iscrivo a una facoltà scientifica. Giuro che... Quante promesse. Tanto so già che non le manterrò. Sto per finire l’università, un anno di ritardo, nessuna esperienza all’estero. Nemmeno il servizio civile. E se penso che Leandro insisteva tanto cercando di portarmi al centro dove ora fa volontariato. Mi viene da sorridere se penso che un ragazzo affetto da un ritardo come il suo abbia un lavoro in regola e faccia volontariato. Io non ho un lavoro, ho troppe regole e non faccio volontariato. Chissà se riuscirò a combinare qualcosa. Oppure finirò come mio fratello, incastrato in un lavoro che non sopporta per mandare avanti un rapporto andato ormai in fumo. E non ho nominato mia nipote. Con questa storia della libertà da genitori lui e mia cognata sono diventati osservatori della crescita. Una sorta di figura sociale simile agli osservatori internazionali che vanno nei paesi in via di sviluppo, osservano, frequentano dittatori più o meno sanguinari per poi dire che va tutto bene. Ecco lo sapevo, ho perso nuovamente la concentrazione e devo andare avanti con la tesi. Ma giuro che se rinasco... ma dove rinasco io non credo mica nella reincarnazione!

Avvocato buongiorno, si accomodi”. Queste sono le uniche parole che sentirò per le prossime ore. Se penso che sto scrivendo un testamento di un signore che sta per lasciare tutto a un matto che fa il portiere mi viene veramente da incazzarmi. Certo da incazzarmi, non da arrabbiarmi. Perché dovrebbe lasciare tutto a un ritardato. Ecco sono il solito, continuo a pensare senza conoscere e poi questo ragazzo non mi ha fatto nulla di male. La mia è solo invidia, ha ragione mia moglie. Non mi hanno mai regalato nulla e vorrei per una volta ottenere qualcosa così gratuitamente. Eccolo che arriva il “morto che cammina”... se sapesse come l’ho soprannominato. Ma d’altronde lui sta morendo e nonostante ciò fuma. Vero è che ormai sulla soglia degli ottanta con la sola compagnia di una badante che non parla la sua lingua e con un tumore al terzo stadio ai polmoni smettere di fumare cosa cambierebbe? Nulla, appunto. Renderebbe meno sopportabile gli ultimi giorni che lo separano dalla fine. Fine che vista la sostanza dei suoi averi potrà essere un nuovo inizio per qualcun altro mi verrebbe da dire. Se non altro si comprerà qualche polo nuova quel portiere. Eccolo ha finito la sigaretta. Ora non mi resta che ricominciare a leggere queste pagine e fargliele firmare. Speriamo almeno che oggi non trovi nulla da criticare con la solita smorfia del viso. Cavoli, almeno parlasse!

Mamma, posso scendere a vedere come stanno gli insetti?”. Mio figlio, tra tutti gli interessi che poteva avere non fa altro che parlare di insetti. Passa molto tempo con Leandro. Il fatto di non avere un padre lo ha portato a ricercare una figura paterna. Le mie amiche me lo ricordano sempre. Un po’ come se mi ricordassero ogni tre per due che comunque sono una madre single, che me la sono cercata. Leandro, che caro. Ha una dolcezza nel rapportarsi con mio figlio che quasi mi sconvolge. E devo dire che con il fisico che si ritrova non mi dispiacerebbe averlo per una volta a letto con me. Anzi anche più di una. Chissà sei suoi problemi si riflettono anche nella sfera sessuale. O magari ha una vita sessuale normale e mi sogna di notte. Sono la solita sempre a pensare che tutti mi notino. Ma ho fatto di peggio, ho anche creduto che quel “per sempre” significasse qualcosa. “Certo, Luigi, puoi scendere e salutami Leandro”

Secondo me sono tutti pazzi. Proprio tutti, compresa mia madre.Vivono di corsa oppure sono chiusi in casa a ripetere a voce alta parole strane. Non hanno il tempo per leggere tutta la posta che ricevono, non escono spesso con gli amici, non si accorgono dei fiori in giardino. Quando vedo negli occhi di Lucia e nei suoi gesti un po’ di pietà nei miei confronti vorrei darle una carezza. Vorrei darle un carezza per ricordarle che chi sta male è lei. Senza tempo per se stessa, sempre vestita da signora impegnata che ancora fuma di nascosto in bagno. Quando sento Stefano ripetere a voce alta tutti quei termini così obsoleti (ho controllato sul dizionario oggi, vuol dire vecchi) vorrei sorridergli e ricordagli che il tempo non torna indietro e non è mai clemente. Ma chi è clemente a questo mondo? Con me nemmeno la vita lo è stata. Ogni volta che lo incrocio Stefano mi guarda con gli occhi di chi si sente impotente e vorrebbe darmi un futuro. A me non serve un futuro, riesco a vivere benissimo il presente. Ma è difficile spiegare a chi è sano che non vivo male. Sono solo uno che arriva al senso delle cose per vie diverse e talvolta con mezzi diversi. Ma loro sono molti, sono la maggioranza. E la maggioranza decide la normalità. E a me la normalità non è mai piaciuta. Però io ci vivo bene qui e mi sembra che le rose me lo riconoscano. Anzi oggi ne prendo una e la porto alla mamma. Ultimamente mi sembra molto triste, forse papà le manca più del solito. Gli altri anni in questi periodi discutevano sempre di dove trascorrere le vacanze, se al mare o in montagna. A me piaceva anche vederli discutere, trovavo una variante dell’amore anche nel loro vociare. Sì, papà mi manca e anche tanto ma per fortuna che c’è la mamma che ha promesso di non abbandonarmi mai.

Mio figlio è bellissimo. Ha gli stessi lineamenti di mio marito, lo stesso sorriso. Ha imparato negli anni a muoversi come lui. Ma come andrà a finire quando non ci sarò più? Chi si occuperà di lui? Chi gli preparerà da mangiare, chi gli stirerà le polo che mette quando lavora? Il solo pensiero mi mette ansia e sapere che accadrà tra non molto mi getta nella disperazione. Ma dovrò pur parlargliene. Dovrà pur sapere che sua madre lo sta per abbandonare, per sempre. Gli avevo promesso il contrario, ma non potrò onorare il nostro patto. Temo che purtroppo finirà in qualche struttura, nonostante la sua integrazione qui ai palazzi gemelli sia chiara. Lo adorano tutti, ognuno a modo suo, ognuno come meglio crede e sa fare. Quando mi dissero dei suoi problemi di salute la prima cosa cui pensai fu di poter morire insieme a lui. Lo so non sono pensieri da fare per una madre ma sono sinceramente spaventata che con la mia morte Leandro si ritrovi talmente smarrito da manifestare tutti i comportamenti di cui ci aveva parlato il medico. Leandro è amato da tutti, lo percepisco e non so se in una realtà differente avrebbe potuto avere le stesse condizioni di vita. Dopo la morte di Sandro non mi aspettavo che il signor De Fortis chiedesse a mio figlio di continuare il lavoro di mio marito. E invece eccomi ancora a occuparmi di un uomo, ancora a occuparmi di un portiere.

Aspettare gli autobus nella semiperiferia è un incubo. La prossima volta vengo in bicicletta e mi ricordo di legarla. L’attesa rende la mia mente libera che si ritrova a pensare, pensare, pensare. Mi piace pensare. Mi piace pormi domande sulle vite degli altri. Mi piace chiedermi se siano felici e soddisfatti. Mio padre dice che non si può essere felici perché la vita costa fatica. Ma la fatica non può portare un po’ di felicità? Se vado a farmi una passeggiata in montagna al ritorno sarò stanco ma molto probabilmente felice. Eccomi di nuovo a pensare a mio padre, accidenti a me. Che strano, la palazzina dietro di me ha ancora il portiere. Credevo che fosse una figura professionale ormai in disuso da anni. In tempi in cui gli Italiani tornano a fare lavori considerati umili, per anni appannaggio di stranieri in cerca di fortuna. Deve essere quel tipo vicino al roseto. Polo perfetta, forbici in mano, probabilmente il roseto sta per impoverirsi di uno dei suoi fiori. Magari lo porterà alla moglie. Perché non si è mai visto un portiere celibe.Altrimenti chi pulirebbe le scale. Eccomi, ha ragione mia madre, il mio maschilismo esce nei momenti più inadatti. Meno male che i miei pensieri vengono filtrati prima di divenire parole. Strane queste due palazzine. Sono gemelle. Chissà a cosa pensa la gente che vive. Chissà cosa fanno, come passano il tempo su cosa riflettono. Magari qualcuno da una di quelle finestre mi ha visto e si sta ponendo le stesse domande. E’ bello sapere di destare interesse nelle persone, mi è sempre piaciuto sentirmi osservato. Mia madre mi darebbe del solito narcisista. Vedo arrivare un autobus... eccolo, eccolo... ditemi che è il cinquantasei barrato, ditemi che è il cinquantasei barrato, ditemi che è il cinquantasei anche non barrato sono disposto a tutto...
Accidenti è il settantuno. I miei sogni di gloria sono svaniti e soprattutto la mia possibilità di arrivare puntuale al cinema. Questa volta mi lascia, lo sento. Se non mi lascia la sposo e vengo a fare il portiere qui in corso Tripoli. E pur di contestare mia madre, le scale le pulisco io.






















giovedì 15 novembre 2012

Speriamo che sia femmina

Ho vissuto per più di un anno con un vicino di casa che nemmeno mi salutava. Credo che non sappia nemmeno il mio nome. Sono quasi certo che abbia i due numeri di Internazionale che non ho mai ricevuto (perché abbiamo lo stesso numero civico).
Le sue lodi mattutine al Signore si alternavano a radio Capital. Originale svegliarsi sentendo parole come buongiorno e telespettatori intervallate da bestemmie in perfetto stile toscano. Posso dirvi che è sempre stato attento alla sua igiene dentale almeno dai rumori che sentivo la sera.
In un mondo dove non durano matrimoni e convivenze figuriamoci se può durare un rapporto di vicinato. Il mio caro vicino se ne è andato via e sono arrivati i nuovi vicini.
Si tratta di una famiglia composta da genitori e tre bimbe. Credo che la sera (anche in questo momento) le fanciulle giochino a "lanciamo la sorella più piccola sul muro per vedere se rimbalza" e questa sarebbe una spiegazione plausibile. Inoltre credo che rimbalzi perché continuano a giocare ogni sera dopo le ventitre e fino a mezzanotte circa come se non bastassero i pensieri intrusivi che lottano con la melatonina ogni volta che chiedo alla mia testa di staccarsi. Il casino generato mette molto in discussione le mie idee. Io che non ho la televisione da due anni (e sto benissimo) mi auguro che si piazzino davanti a Cartoon Network tutta la notte magari con un bel trio di cuffie wi fi.
Io che non darei farmaci con facilità a un bimbo mi ritrovo a sognare tisane di camomilla e Xanax (pochissima camomilla) per chetare (sto dimenticando l'italiano a favore del toscano accidenti) le grida di rivoluzione del trio carlucci di Pisa.
Ma in fondo sono solo bambini (anzi bimbe visto che di cromosomi Y non c'è traccia), non bisogno sedare la loro voglia di libertà, la loro espressività. Non vorrei mai ritrovarmi derubato da una baby gang perché ho traumatizzato la loro infanzia.
Avanti Riccardo, passa tutto, il vento cambia, la ruota gira e vie tutte quelle stronzate che la gente dice semplicemente perché ha paura di dirti che in fondo sei uno sfigato (che so di essere visto che ho un blog). 
Dai Riccardo sii ottimista, si sistemerà tutto e riprenderai a dormire, le bimbe si stancheranno.
Con questi pensieri stamani incontro i miei vicini: il babbo, le carlucci e per la prima volta la mamma. Sorrido, saluto e vedo che è in dolce attesa. Facciamo che comincio a essere ottimista da domani.

mercoledì 14 novembre 2012

The winner is... (seconda volta)

Riccardo Grillo. Il racconto che ho scritto per il concorso "Storie di ordinario vicinato" che aveva come tema il disagio mentale e la convivenza con la "normalità" pur non avendomi fatto vincere quei bellissimi duecentocinquanta euro è stato selezionato per la pubblicazione (in uscita tra aprile e maggio prossimi). Il fatto comico è che in realtà non mi è piaciuto molto il mio racconto però a quanto pare è piaciuto ad altri. Anche lo scrivere è fatto di punti di vista. Anzi di differenti letture.

domenica 11 novembre 2012

Riccardog awards

Ho vinto il mio primo concorso letterario per via degli undici anni di un locale di Pisa (www.numeroundici.it). Ora preso da questa voglia irrefrenabile di scrivere ho deciso di lanciare il mio primo concorso, il Riccardog contest.
Ecco il regolamento:
  1. Possono partecipare tutti
  2. Non esiste quota di partecipazione
  3. Il tema è libero
  4. Per partecipare dovete mandarmi un titolo su cui scrivere un pezzo
  5. Il titolo può essere mandato per posta elettronica, per sms, per fax, per telegramma, per posta tradizionale o utilizzando il buon vecchio piccione
  6. Se il titolo mi renderà ricco e famoso a voi lascerò la gloria. A me bastano i soldi
  7. Il vincitore non verrà dichiarato durante una noiosa serata con la presenza delle autorità e qualche giornalista di provincia. Il vincitore vedrà il suo titolo pubblicato e un pezzo scritto per lui. potrà inoltre vantarsene con gli amici al bar o scriverlo sul suo curriculum (tutto fa brodo o come diceva Tolkien tutto fa Frodo)
  8. La battuta del punto 8 è veramente brutta
  9. In caso di ex aequo scriverò due pezzi per il blog. Attenti a non bullarvi al bar lo stesso giorno!

Parigi val bene una messa, dieci dollari valgono un blog?

Due giorni fa la Enom (società di Google che controlla Blogspot e gli acquisti dei domini fatti tramite loro) mi ha scritto una mail dove mi diceva senza girarci intorno che ho tempo fino al 5 dicembre per rinnovare l'affitto di quel pezzo di world wide web.
Le opzioni prospettate erano tre:
. Rinnovo il dominio e pago dieci dollari
. Non rinnovo il dominio e torno al sottodominio di Blogspot (ma devo comunicarglielo per iscritto)
. Sto zitto e perdo tutto, post e dominio
In questo momento sarebbe bello mettere uno di quei tasti di Paypal e richiedere soldi per salvare il mio diario informatico dei pensierini. Così per curiosità, per vedere quante persone mi manderebbero un euro per potermi "permettere" di andare avanti. Oppure come Paolo Attivissimo che invita i suoi lettori a mandargli un buono per una pizza per dimostrargli che il suo blog è utile (un blog che parla di sicurezza informatica).
Ma in fin dei conti ho ancora dieci dollari da investire e tenermi quel pezzo di web che possiedo insieme a un motorino di ventanni, una bici verde militare, una libreria che ancora sa d'arancia e una chitarra compagna di momenti galeotti.
E poi, come mi ricorda Neil Swabb tramite Mr. Wiggles tutti i trentenni sfigati dovrebbero avere un blog per dimostrare a tutti di essere sfigati.

Dedicato a...

Scrivendo i tipi di lettori che leggono il mio blog mi sono reso conto di aver dimenticato chi mi sostiene più di tutti nel mio scrivere. Chi non solo mi legge, mi commenta ma mi commissiona lavori! Chi illustrerà il romanzo che sto scrivendo, non appena mi deciderò su come finire il mio primo libro (quello per cui verrò intervistato...). Ora mi sembra giusto che la mia groupie abbia un post tutto per lei. Però pur rimanendo nel rispetto della privacy come faccio a dirle che è dedicato a lei questo post? Potrei scriverlo in codice. Potrei dirle che voglio assaggiare il suo succo di frutta entro Natale. Oppure che è grazie a lei che bevo (anzi bevevo) la birra alla canna. Oppure basta. Sono sicuro che abbia capito la diretta interessata.

Tocca a te!

Ci sono tre uomini in cerchio. Stanno discutendo, tra voce alzata, braccia al cielo e frecciate più o meno carine. In mezzo a loro c'è un altro uomo a terra che non riesce ad alzarsi sofferente. I tre discutono su chi debba aiutarlo a tirarsi in piedi poiché il malcapitato si trova equamente vicino a tutti e tre.
C'è chi sostiene che non tocchi a lui per motivi religiosi, chi adduce motivi politici, chi questioni di principio e morali.
Il clima si surriscalda e dal dover decidere a chi tocca si passa a parlare dei motivi per cui a nessuno tocchi.
Passa ancora altro tempo e finalmente (almeno per i tre) l'uomo a terra smette di soffrire, perché smette di vivere. I tre smettono di litigare e ognuno torna a casa propria, più convinto di prima di aver ragione.
E fu così che a causa di politica, religione e morale fu un pover uomo a finire male.

mercoledì 7 novembre 2012

Ciò che mi rende bello

Ciò che mi rende bello è la mia curiosità fin dai tempi delle elementari. Ciò che mi rende bello è il sopracciglio sinistro e la sua inconfondibile cicatrice. Ciò che mi rende bello è il tentativo di vedere le cose da un altro punto di vista. Ciò che mi rende bello è esserci per gli altri, o almeno provarci. Ciò che mi rende bello è il sorriso (anche se si vede molto poco). Ciò che mi rende bello è sforzarmi di essere coerente e rispettare i miei principi morali. Ciò che mi rende bello è la diversità delle persone che mi conoscono, mi leggono, mi vogliono bene. Ciò che mi rende bello è il mio battere il tempo quando sono in coda. Ciò che mi rende bello è il latte di soia che bevo la mattina. Ciò che mi rende bello è la montagna, le passeggiate, le chiaccherate, i compagni di viaggio. Ciò che mi rende bello è il cinema e il mio mettermi ostinatamente in seconda fila per vedermi il film prima degli altri. Ciò che mi rende bello è la sistemazione dei miei libri: a volte per casa editrice, a volte per colore o in ordine cronologico. Prima di finire dove dovrebbero andare tutti i libri: in biblioteca. Ciò che mi rende bello è la bicicletta, il bus, le mie gambe e il basso impatto ambientale che genero. Ciò che mi rende bello è lasciare il segno in uno scritto piuttosto che in un abbraccio, in una battuta piuttosto che in un bacio. Ciò che mi rende bello è il non parcheggiare sui marciapiedi nemmeno per cinque minuti e il salutare tutti per primo dall'impiegata delle poste all'autista.
Ma ciò che rende tutto questo meraviglioso è ritrovarsi una sera, da solo e dirsi che forse ne vale la pena, nonostante tutto.

domenica 4 novembre 2012

Modello numero cinque

Non posso dire di essere il blog più letto in Italia e nemmeno a Cortemilia, visto che ho solo sette persone che si sono iscritte al mio modo di dimostrare a tutti di essere uno sfigato (uso la definizione di Mr Wiggles sui blog).
Ho scoperto però che seppur pochi i miei lettori hanno caratteristiche che li possono ricondurre a vari modelli. Vediamoli nel dettaglio

Modello ST: solitamente femminile, legge spesso il blog e ne comunica i contenuti alle amiche

Modello SD: appena scoperto il vostro blog si legge tutti i post e arriva a commentare anche quelli più vecchi di un anno

Modello A: sbaglia un commento scrivendo di cosa crede di aver letto e non di cosa ha letto veramente

Modello GB (uno dei miei preferiti): non legge il vostro blog perché tanto vi vede tutti i giorni (ancora non l'ho capita questa)

Modello D: definisce carino qualche vostro post. Coccoloso no?

Modello C: probabilmente non legge il vostro blog ma voi nemmeno lo sapete

Modello M: non ha tempo di leggervi

Modello R: risponde ai vostri post con i video di you tube

Però visti da qui con tutti questi modelli il mio blgo sembra importantissimo!

Ps  Stasera continuo a scrivere ma siete fortunati perchè non pubblico tutto (altrimenti povero modello SD o ST!)

Mi dispiace. Ti dispiace?

Avete presente quella manina fastidiosa di origine romana che usate per commentare tutto ciò che i vostri cari amici di Facebook scrivono fanno, leggono, copiano?
Esatto proprio la manina del Mi piace, Non mi piace. Ora nell'attesa di scrivere un post in cui mi incazzo con tutte le meravigliose persone cafone che pubblicano mie foto su Facebook e fanno sì che riceva complimenti sulla mia bellezza ai matrimoni o sulla mia altezza alle elementari, torniamo alla visione manichea di Facebook del Mi piace, Non mi piace.
Se ci pensate un attimo sono usatissimi nel social network più amato dai violatori/violentatori della privacy mentre non sentite mai per strada commenti simili (fatta esclusione per la vostra amica quando vi dice che il colore turchese verde dei vostri capelli le piace, mentendo).
Nel mondo reale a farla da padrone è il Mi dispiace. C'è un popolo la fuori pieno di gente dispiaciuta per voi, sia se non trovate la mozzarella in sottocosto al supermercato piuttosto che quando venite bocciati a un esame. C'è un popolo dispiaciuto per ogni cosa brutta vi succeda pronto a partecipare alla vostra sfortuna. Ah la compassione, qual stupendo sentimento per lavarsi la coscienza e fingersi vicino!
Il problema è che il Mi dispiace lo uso pure io, abituato fin da bambino a tutta una serie di forme di cortesia che ancora utilizzo. Insomma sono pure io nella trappola di cui mi lamento. E questa cosa proprio Non mi piace.

giovedì 1 novembre 2012

E' facile far scorrere la coda se sai come farlo

In un mondo di insegnanti ma privo di studenti eccomi a scrivervi due righe di educazione civica. Oggi vi dirò le piccole regole da seguire per evitare la coda.
Sono dettate dall'esperienza di chi ha fatto il cassiere per un po', l'impiegato per un altro po' e ha osservato il genere umano da entrambi i lati dello sportello o della cassa.

1) Il portafoglio. Se siete in coda al supermercato, in posta, insomma in qualunque posto dove state per usare il portafoglio tiratelo fuori prima e non all'ultimo. Eviterete ricerche affannose nella vostra borsa tra il cellulare, le chiavi del suv, il secondo cellulare, il libro allegato alla vostra rivista preferita, il terzo cellulare, il rossetto e il portafoglio.
(E non ditemi che siete in coda in un negozio di borse!)

2) I soldi. Se pagate con i contanti va bene, con il bancoqualcosa pure. Se utilizzate la carta di credito ricordatevi del documento e non cercate assolutamente la biro nella vostra borsa (tanto non c'è, controllate al punto 1) soprattutto dopo che la cassiera ve l'avrà sporta. Se la carta è bloccata non giratevi verso noi, ancora in coda spiegandoci il perché. Non ci interessa. Se invece cercate il pin del bancoqualcosa che non ricordate è nella rubrica del primo telefono alla voce pin (mossa astuta direi...)

3) Se siete di fretta perché avete parcheggiato il vostro suv da milf in doppia fila generando così un'altra coda non è un problema mio, che sono venuto in bici, e non acquisite un diritto prioritario.

4) Parcheggiare una macchina da 4 metri in un parcheggio lungo 3 è innaturale. Anche per un uomo. E genera un'altra coda.

5) Appena arrivati chiedete chi è l'ultimo. E puntatelo.

6) Se qualcuno sostiene di essere arrivato prima di voi e non è vero ditegli semplicemente "Io l'ho vista arrivare, lei?".

7) Se un prete o una suora cerca di passarvi davanti avete diverse opzioni di discorso

1 Opzione biblica: "Ma non era beati gli ultimi?"
2 Opzione storico giuridica: "Guardi che almeno questo non è stabilito dal concordato come suo diritto"
3 Opzione sessuale (funziona solo con i preti e non con tutti): "L'altra sera non aveva tanta fretta però..."

8) Siate cordiali, gentili e sorridenti. Sembra banale ma alla fine non lo fa quasi nessuno

Se non sapete cosa vuol dire milf abbandonate subito il mio blog e andate su un sito porno, ignoranti!