domenica 16 dicembre 2012

Si muore anche così, d'autunno, alla stazione

C'è una panchina alla stazione che da qualche giorno è vuota. Ho conosciuto Luca in una delle mie notti insonni, quelle notti in cui passeggiare in cerca di qualcuno con cui parlare mi ha salvato di pensare a me stesso. Si è avvicinato lui e mi ha chiesto una sigaretta e mi è dispiaciuto non averne un pacchetto con me (cosa ovvia visto che non fumo). Per una volta ho preso la palla al balzo e mi sono presentato. Quella che poteva essere una chiaccherata estemporanea è stata la prima di un rapporto fatto di discorsi sui massimi sistemi, qualche sigaretta, una coperta e intelligenza.
Cosa mi colpisce sempre dei barboni che conosco è che la maggior parte di loro sono persone intelligenti che riescono a mettermi fortemente in discussione. Sono cresciuto con l'idea che chi vive in strada sia qualcuno che abbia rinunciato. Mi sono ricreduto grazie al freddo, al vivere vicino alla stazione e al cercare umanità in mezzo alla banalità.
Mi sono ritrovato a parlare con un ingegnere di Milano, Luca appunto, del non senso del vivere, dell'enorme perdita di tempo che è. Gli avevo promesso un libro di Pavese ma la morte ha scelto diversamente.
E ora c'è un panchina vuota, un libro in attesa e un amico in meno.

1 commento:

  1. Ciao Riccardo,
    letto alcuni dei tuoi post e mi sono piaciuti. Sono arrivato al tuo blog attraverso un social network da cui mi hai inviato un messaggio.
    Un saluto e buone feste in Piemonte!
    :-)
    Bruno
    kubrick2003@libero.it

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