venerdì 12 ottobre 2012

Succede che

Mi sveglio e mi dico: ora chiudo il blog. In fin dei conti scrivo ma non pubblico e da esercizio di scrittura sta diventando diario on line di un trentenne noioso. Allora penso all'ultimo post, una sorta di dichiarazione di intenti futuri. Ma di intenti futuri non ne ho.
Succede anche che pensi a come stia andando il tutto e mi dico: bene, fermiamoci. Stiamo per schiantarci, non abbiamo altra via d'uscita almeno rallentiamo in modo da avere un impatto meno violento.
Ma in fin dei conti non chiudo il blog e non mi schianto. Mi piacerebbe razionalmente capirne il motivo ma al momento non ci riesco. Né per il blog né tantomeno per lo schianto. Allora osservo. In casa mia una grossa finestra mi separa dal mondo del quartiere più bello di Pisa. Una via dove le mamme corrono a scuola trascinando i bimbi (sì trascinando come se fossero dei trolley), i militari dell'aeroporto parcheggiano in ogni punto immaginabile e gli studenti vanno in bici contromano. Non li ferma la pioggia e non si scontrano quasi mai.
Vagheggio un po' e mi chiedo dove stiano correndo tutti. In realtà li invidio, molti anni fa ero come loro. Correvo senza chiedermi nemmeno il perché e cercavo di non pensare. Ma i pensieri come i Gremlins si sono moltiplicati e mi hanno chiesto il conto obbligandomi a pagarlo in scomode rate mensili.
Ritorno a me e mi richiedo perché non mi schianti e perché non chiuda il blog. In fin dei conti forse una piccola parte di me crede che possa avere qualcosa di buono dalla vita e attende, a volte senza impegno, a volte presa da troppa stanchezza.
Attendo qualcosa, un qualcosa migliore di tutto quello che ho provato fino ad ora. Non me ne rendo conto, non corro più ma aspetto.
E con il blog cosa faccio? Attendo. Aspetto di scrivere. Perché credo, nel profondo del mio essere, che il post più bello non l'abbia ancora scritto.


Ps E mi stupisco che riesca ancora a scrivere di getto senza fermarmi, senza aspettare nulla.

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