mercoledì 21 novembre 2012

Storie di ordinario vicinato: il racconto

Sei cinque otto. Sei cinque otto. Sei cinque otto. Dal terzo piano riesco a riconoscere esattamente cosa si sta ripetendo Leandro. Oggi deve comunicare il consumo effettuato di gas del palazzo e di buon mattino è già al lavoro. Leandro è il portiere dello stabile di Corso Tripoli. Come prima di lui lo è stato il padre Sandro. Mi ricordo ancora della nascita di Leandro. Era una sera d’estate, di quelle afose in cui il fiume restituisce agli abitanti tutta l’umidità accumulata. Stavo giocando con Giulia a “pigliabimbo”, quel gioco che ho sempre odiato ma sempre praticato perché già succube del fascino femminile. E dire che avevo solo dieci anni. Erano le otto e trenta di sera e ci trovavamo in cortile dopo essere sfuggiti alla visione del telegiornale (avere una madre maestra ti porta questo e altre imposizioni). Era il mio turno di pigliabimbo e Giulia e Giada stavano già correndo ma venimmo tutti interrotti all’arrivo trombettante di Sandro che con il suo accento ligure annunciava a gran voce la nascita del figlio.
E’ nato e sta bene” urlava a tutti. Purtroppo con gli anni una parte di questa frase si sarebbe rivelata non vera. Nel giro di pochi minuti, vidi scendere in cortile mia madre, mio padre, i nonni di Giulia, la sorella di Giada e via via tutti gli abitanti delle palazzine gemelle. Mi ricorderò sempre l’espressione di Sandro, i suoi occhi lacrimanti, le sue braccia pronte ad accogliere tutti in un momento di condivisione. Ancora oggi se mi chiedono cosa sia la felicità prima di rispondere ripenso a quella sera e a quell’uomo che declamava l’arrivo del primogenito.

Leandro rimane una certezza. Almeno lui. Nei miei ormai cinquant’anni di vita non ho mai incontrato un uomo come lui. Preciso, puntuale, affidabile. Ancora una volta torno a casa e trovo la posta divisa per priorità, prima i pacchi, poi le raccomandate quindi le riviste. La prima volta che venni a vedere l’appartamento fu proprio lui a guidarmi nella visita, facendomi notare tutti gli aspetti, positivi e negativi. Riuscì anche a farmi dimenticare la sua disabilità. Se non fosse per quegli occhiali spessi probabilmente riuscirebbe a ingannare buona parte delle persone che incontra e con cui ha a che fare. Che poi usare il termine ingannare è sbagliato. Leandro è lo specchio della sincerità. Se mio nipote avesse solo la metà della forza morale di Leandro non avrei trovato tra la posta una sua lettera. Ma cosa la apro a fare, tanto sarà l’ennesima richiesta di soldi. Tanto bravo, tanto intelligente quanto poco coraggioso. Coraggioso, in realtà non è questione di coraggio, basterebbe un po’ di umiltà. Avere un nipote che dà per scontato che poiché la zietta non ha figli deve dare tutto a lui. E poi il vecchio ricatto morale dell’aver perso il padre a vent’anni sta diventando un’arma troppo usata. Sicuramente avrà già messo gli occhi anche su questo appartamento. Ma le persone che danno per scontati i rapporti umani non mi sono mai piaciute. I rapporti sono un continuum tra due persone. Soprattutto per quanto riguarda la fiducia, basta vedere il rapporto che in questo posto vige tra i coinquilini e Leandro. A volte mi piace pensare che l’equilibrio di queste due palazzine sia sorretto dal nostro giovane portiere che seppur limitato nelle facoltà mentali potrebbe dare lezioni a tutti noi di buon senso. I rapporti di condominio, che delizia... Se non ci fossero aumenterebbero i disoccupati in questo paese. D’altronde tutti questi avvocati dovranno pur avere un lavoro mi verrebbe da pensare. Vero è che se fossero come tutti noi dello stabile di Corso Tripoli, molti avvocati finirebbero con il fare i camerieri. O forse scoprirebbero il piacere di reinventarsi, quello che io ormai ho perso per strada.

Disabile, diversamente abile, diversabile: la diversità secondo i criteri del politicamente corretto”. Giuro che la prossima volta che mi laureo scelgo un tema più semplice. Giuro che la prossima volta che nasco mi iscrivo a una facoltà scientifica. Giuro che... Quante promesse. Tanto so già che non le manterrò. Sto per finire l’università, un anno di ritardo, nessuna esperienza all’estero. Nemmeno il servizio civile. E se penso che Leandro insisteva tanto cercando di portarmi al centro dove ora fa volontariato. Mi viene da sorridere se penso che un ragazzo affetto da un ritardo come il suo abbia un lavoro in regola e faccia volontariato. Io non ho un lavoro, ho troppe regole e non faccio volontariato. Chissà se riuscirò a combinare qualcosa. Oppure finirò come mio fratello, incastrato in un lavoro che non sopporta per mandare avanti un rapporto andato ormai in fumo. E non ho nominato mia nipote. Con questa storia della libertà da genitori lui e mia cognata sono diventati osservatori della crescita. Una sorta di figura sociale simile agli osservatori internazionali che vanno nei paesi in via di sviluppo, osservano, frequentano dittatori più o meno sanguinari per poi dire che va tutto bene. Ecco lo sapevo, ho perso nuovamente la concentrazione e devo andare avanti con la tesi. Ma giuro che se rinasco... ma dove rinasco io non credo mica nella reincarnazione!

Avvocato buongiorno, si accomodi”. Queste sono le uniche parole che sentirò per le prossime ore. Se penso che sto scrivendo un testamento di un signore che sta per lasciare tutto a un matto che fa il portiere mi viene veramente da incazzarmi. Certo da incazzarmi, non da arrabbiarmi. Perché dovrebbe lasciare tutto a un ritardato. Ecco sono il solito, continuo a pensare senza conoscere e poi questo ragazzo non mi ha fatto nulla di male. La mia è solo invidia, ha ragione mia moglie. Non mi hanno mai regalato nulla e vorrei per una volta ottenere qualcosa così gratuitamente. Eccolo che arriva il “morto che cammina”... se sapesse come l’ho soprannominato. Ma d’altronde lui sta morendo e nonostante ciò fuma. Vero è che ormai sulla soglia degli ottanta con la sola compagnia di una badante che non parla la sua lingua e con un tumore al terzo stadio ai polmoni smettere di fumare cosa cambierebbe? Nulla, appunto. Renderebbe meno sopportabile gli ultimi giorni che lo separano dalla fine. Fine che vista la sostanza dei suoi averi potrà essere un nuovo inizio per qualcun altro mi verrebbe da dire. Se non altro si comprerà qualche polo nuova quel portiere. Eccolo ha finito la sigaretta. Ora non mi resta che ricominciare a leggere queste pagine e fargliele firmare. Speriamo almeno che oggi non trovi nulla da criticare con la solita smorfia del viso. Cavoli, almeno parlasse!

Mamma, posso scendere a vedere come stanno gli insetti?”. Mio figlio, tra tutti gli interessi che poteva avere non fa altro che parlare di insetti. Passa molto tempo con Leandro. Il fatto di non avere un padre lo ha portato a ricercare una figura paterna. Le mie amiche me lo ricordano sempre. Un po’ come se mi ricordassero ogni tre per due che comunque sono una madre single, che me la sono cercata. Leandro, che caro. Ha una dolcezza nel rapportarsi con mio figlio che quasi mi sconvolge. E devo dire che con il fisico che si ritrova non mi dispiacerebbe averlo per una volta a letto con me. Anzi anche più di una. Chissà sei suoi problemi si riflettono anche nella sfera sessuale. O magari ha una vita sessuale normale e mi sogna di notte. Sono la solita sempre a pensare che tutti mi notino. Ma ho fatto di peggio, ho anche creduto che quel “per sempre” significasse qualcosa. “Certo, Luigi, puoi scendere e salutami Leandro”

Secondo me sono tutti pazzi. Proprio tutti, compresa mia madre.Vivono di corsa oppure sono chiusi in casa a ripetere a voce alta parole strane. Non hanno il tempo per leggere tutta la posta che ricevono, non escono spesso con gli amici, non si accorgono dei fiori in giardino. Quando vedo negli occhi di Lucia e nei suoi gesti un po’ di pietà nei miei confronti vorrei darle una carezza. Vorrei darle un carezza per ricordarle che chi sta male è lei. Senza tempo per se stessa, sempre vestita da signora impegnata che ancora fuma di nascosto in bagno. Quando sento Stefano ripetere a voce alta tutti quei termini così obsoleti (ho controllato sul dizionario oggi, vuol dire vecchi) vorrei sorridergli e ricordagli che il tempo non torna indietro e non è mai clemente. Ma chi è clemente a questo mondo? Con me nemmeno la vita lo è stata. Ogni volta che lo incrocio Stefano mi guarda con gli occhi di chi si sente impotente e vorrebbe darmi un futuro. A me non serve un futuro, riesco a vivere benissimo il presente. Ma è difficile spiegare a chi è sano che non vivo male. Sono solo uno che arriva al senso delle cose per vie diverse e talvolta con mezzi diversi. Ma loro sono molti, sono la maggioranza. E la maggioranza decide la normalità. E a me la normalità non è mai piaciuta. Però io ci vivo bene qui e mi sembra che le rose me lo riconoscano. Anzi oggi ne prendo una e la porto alla mamma. Ultimamente mi sembra molto triste, forse papà le manca più del solito. Gli altri anni in questi periodi discutevano sempre di dove trascorrere le vacanze, se al mare o in montagna. A me piaceva anche vederli discutere, trovavo una variante dell’amore anche nel loro vociare. Sì, papà mi manca e anche tanto ma per fortuna che c’è la mamma che ha promesso di non abbandonarmi mai.

Mio figlio è bellissimo. Ha gli stessi lineamenti di mio marito, lo stesso sorriso. Ha imparato negli anni a muoversi come lui. Ma come andrà a finire quando non ci sarò più? Chi si occuperà di lui? Chi gli preparerà da mangiare, chi gli stirerà le polo che mette quando lavora? Il solo pensiero mi mette ansia e sapere che accadrà tra non molto mi getta nella disperazione. Ma dovrò pur parlargliene. Dovrà pur sapere che sua madre lo sta per abbandonare, per sempre. Gli avevo promesso il contrario, ma non potrò onorare il nostro patto. Temo che purtroppo finirà in qualche struttura, nonostante la sua integrazione qui ai palazzi gemelli sia chiara. Lo adorano tutti, ognuno a modo suo, ognuno come meglio crede e sa fare. Quando mi dissero dei suoi problemi di salute la prima cosa cui pensai fu di poter morire insieme a lui. Lo so non sono pensieri da fare per una madre ma sono sinceramente spaventata che con la mia morte Leandro si ritrovi talmente smarrito da manifestare tutti i comportamenti di cui ci aveva parlato il medico. Leandro è amato da tutti, lo percepisco e non so se in una realtà differente avrebbe potuto avere le stesse condizioni di vita. Dopo la morte di Sandro non mi aspettavo che il signor De Fortis chiedesse a mio figlio di continuare il lavoro di mio marito. E invece eccomi ancora a occuparmi di un uomo, ancora a occuparmi di un portiere.

Aspettare gli autobus nella semiperiferia è un incubo. La prossima volta vengo in bicicletta e mi ricordo di legarla. L’attesa rende la mia mente libera che si ritrova a pensare, pensare, pensare. Mi piace pensare. Mi piace pormi domande sulle vite degli altri. Mi piace chiedermi se siano felici e soddisfatti. Mio padre dice che non si può essere felici perché la vita costa fatica. Ma la fatica non può portare un po’ di felicità? Se vado a farmi una passeggiata in montagna al ritorno sarò stanco ma molto probabilmente felice. Eccomi di nuovo a pensare a mio padre, accidenti a me. Che strano, la palazzina dietro di me ha ancora il portiere. Credevo che fosse una figura professionale ormai in disuso da anni. In tempi in cui gli Italiani tornano a fare lavori considerati umili, per anni appannaggio di stranieri in cerca di fortuna. Deve essere quel tipo vicino al roseto. Polo perfetta, forbici in mano, probabilmente il roseto sta per impoverirsi di uno dei suoi fiori. Magari lo porterà alla moglie. Perché non si è mai visto un portiere celibe.Altrimenti chi pulirebbe le scale. Eccomi, ha ragione mia madre, il mio maschilismo esce nei momenti più inadatti. Meno male che i miei pensieri vengono filtrati prima di divenire parole. Strane queste due palazzine. Sono gemelle. Chissà a cosa pensa la gente che vive. Chissà cosa fanno, come passano il tempo su cosa riflettono. Magari qualcuno da una di quelle finestre mi ha visto e si sta ponendo le stesse domande. E’ bello sapere di destare interesse nelle persone, mi è sempre piaciuto sentirmi osservato. Mia madre mi darebbe del solito narcisista. Vedo arrivare un autobus... eccolo, eccolo... ditemi che è il cinquantasei barrato, ditemi che è il cinquantasei barrato, ditemi che è il cinquantasei anche non barrato sono disposto a tutto...
Accidenti è il settantuno. I miei sogni di gloria sono svaniti e soprattutto la mia possibilità di arrivare puntuale al cinema. Questa volta mi lascia, lo sento. Se non mi lascia la sposo e vengo a fare il portiere qui in corso Tripoli. E pur di contestare mia madre, le scale le pulisco io.






















1 commento:

  1. la mia seconda proposta di titolo sarebbe stata 'incontri casuali', e la storia nella mia testa era molto simile a questa. però nella mia testa era scritta meno bene. mi piace.

    RispondiElimina