Sei
cinque otto. Sei cinque otto. Sei cinque otto. Dal terzo piano riesco
a riconoscere esattamente cosa si sta ripetendo Leandro. Oggi deve
comunicare il consumo effettuato di gas del palazzo e di buon mattino
è già al lavoro. Leandro è il portiere dello stabile di Corso
Tripoli. Come prima di lui lo è stato il padre Sandro. Mi ricordo
ancora della nascita di Leandro. Era una sera d’estate, di quelle
afose in cui il fiume restituisce agli abitanti tutta l’umidità
accumulata. Stavo giocando con Giulia a “pigliabimbo”, quel gioco
che ho sempre odiato ma sempre praticato perché già succube del
fascino femminile. E dire che avevo solo dieci anni. Erano le otto e
trenta di sera e ci trovavamo in cortile dopo essere sfuggiti alla
visione del telegiornale (avere una madre maestra ti porta questo e
altre imposizioni). Era il mio turno di pigliabimbo e Giulia e Giada
stavano già correndo ma venimmo tutti interrotti all’arrivo
trombettante di Sandro che con il suo accento ligure annunciava a
gran voce la nascita del figlio.
“E’
nato e sta bene” urlava a tutti. Purtroppo con gli anni una parte
di questa frase si sarebbe rivelata non vera. Nel giro di pochi
minuti, vidi scendere in cortile mia madre, mio padre, i nonni di
Giulia, la sorella di Giada e via via tutti gli abitanti delle
palazzine gemelle. Mi ricorderò sempre l’espressione di Sandro, i
suoi occhi lacrimanti, le sue braccia pronte ad accogliere tutti in
un momento di condivisione. Ancora oggi se mi chiedono cosa sia la
felicità prima di rispondere ripenso a quella sera e a quell’uomo
che declamava l’arrivo del primogenito.
Leandro
rimane una certezza. Almeno lui. Nei miei ormai cinquant’anni di
vita non ho mai incontrato un uomo come lui. Preciso, puntuale,
affidabile. Ancora una volta torno a casa e trovo la posta divisa per
priorità, prima i pacchi, poi le raccomandate quindi le riviste. La
prima volta che venni a vedere l’appartamento fu proprio lui a
guidarmi nella visita, facendomi notare tutti gli aspetti, positivi e
negativi. Riuscì anche a farmi dimenticare la sua disabilità. Se
non fosse per quegli occhiali spessi probabilmente riuscirebbe a
ingannare buona parte delle persone che incontra e con cui ha a che
fare. Che poi usare il termine ingannare è sbagliato. Leandro è lo
specchio della sincerità. Se mio nipote avesse solo la metà della
forza morale di Leandro non avrei trovato tra la posta una sua
lettera. Ma cosa la apro a fare, tanto sarà l’ennesima richiesta
di soldi. Tanto bravo, tanto intelligente quanto poco coraggioso.
Coraggioso, in realtà non è questione di coraggio, basterebbe un
po’ di umiltà. Avere un nipote che dà per scontato che poiché la
zietta non ha figli deve dare tutto a lui. E poi il vecchio ricatto
morale dell’aver perso il padre a vent’anni sta diventando
un’arma troppo usata. Sicuramente avrà già messo gli occhi anche
su questo appartamento. Ma le persone che danno per scontati i
rapporti umani non mi sono mai piaciute. I rapporti sono un continuum
tra due persone. Soprattutto per quanto riguarda la fiducia, basta
vedere il rapporto che in questo posto vige tra i coinquilini e
Leandro. A volte mi piace pensare che l’equilibrio di queste due
palazzine sia sorretto dal nostro giovane portiere che seppur
limitato nelle facoltà mentali potrebbe dare lezioni a tutti noi di
buon senso. I rapporti di condominio, che delizia... Se non ci
fossero aumenterebbero i disoccupati in questo paese. D’altronde
tutti questi avvocati dovranno pur avere un lavoro mi verrebbe da
pensare. Vero è che se fossero come tutti noi dello stabile di Corso
Tripoli, molti avvocati finirebbero con il fare i camerieri. O forse
scoprirebbero il piacere di reinventarsi, quello che io ormai ho
perso per strada.
“Disabile,
diversamente abile, diversabile: la diversità secondo i criteri del
politicamente corretto”. Giuro che la prossima volta che mi laureo
scelgo un tema più semplice. Giuro che la prossima volta che nasco
mi iscrivo a una facoltà scientifica. Giuro che... Quante promesse.
Tanto so già che non le manterrò. Sto per finire l’università,
un anno di ritardo, nessuna esperienza all’estero. Nemmeno il
servizio civile. E se penso che Leandro insisteva tanto cercando di
portarmi al centro dove ora fa volontariato. Mi viene da sorridere se
penso che un ragazzo affetto da un ritardo come il suo abbia un
lavoro in regola e faccia volontariato. Io non ho un lavoro, ho
troppe regole e non faccio volontariato. Chissà se riuscirò a
combinare qualcosa. Oppure finirò come mio fratello, incastrato in
un lavoro che non sopporta per mandare avanti un rapporto andato
ormai in fumo. E non ho nominato mia nipote. Con questa storia della
libertà da genitori lui e mia cognata sono diventati osservatori
della crescita. Una sorta di figura sociale simile agli osservatori
internazionali che vanno nei paesi in via di sviluppo, osservano,
frequentano dittatori più o meno sanguinari per poi dire che va
tutto bene. Ecco lo sapevo, ho perso nuovamente la concentrazione e
devo andare avanti con la tesi. Ma giuro che se rinasco... ma dove
rinasco io non credo mica nella reincarnazione!
“Avvocato
buongiorno, si accomodi”. Queste sono le uniche parole che sentirò
per le prossime ore. Se penso che sto scrivendo un testamento di un
signore che sta per lasciare tutto a un matto che fa il portiere mi
viene veramente da incazzarmi. Certo da incazzarmi, non da
arrabbiarmi. Perché dovrebbe lasciare tutto a un ritardato. Ecco
sono il solito, continuo a pensare senza conoscere e poi questo
ragazzo non mi ha fatto nulla di male. La mia è solo invidia, ha
ragione mia moglie. Non mi hanno mai regalato nulla e vorrei per una
volta ottenere qualcosa così gratuitamente. Eccolo che arriva il
“morto che cammina”... se sapesse come l’ho soprannominato. Ma
d’altronde lui sta morendo e nonostante ciò fuma. Vero è che
ormai sulla soglia degli ottanta con la sola compagnia di una badante
che non parla la sua lingua e con un tumore al terzo stadio ai
polmoni smettere di fumare cosa cambierebbe? Nulla, appunto.
Renderebbe meno sopportabile gli ultimi giorni che lo separano dalla
fine. Fine che vista la sostanza dei suoi averi potrà essere un
nuovo inizio per qualcun altro mi verrebbe da dire. Se non altro si
comprerà qualche polo nuova quel portiere. Eccolo ha finito la
sigaretta. Ora non mi resta che ricominciare a leggere queste pagine
e fargliele firmare. Speriamo almeno che oggi non trovi nulla da
criticare con la solita smorfia del viso. Cavoli, almeno parlasse!
“Mamma,
posso scendere a vedere come stanno gli insetti?”. Mio figlio, tra
tutti gli interessi che poteva avere non fa altro che parlare di
insetti. Passa molto tempo con Leandro. Il fatto di non avere un
padre lo ha portato a ricercare una figura paterna. Le mie amiche me
lo ricordano sempre. Un po’ come se mi ricordassero ogni tre per
due che comunque sono una madre single, che me la sono cercata.
Leandro, che caro. Ha una dolcezza nel rapportarsi con mio figlio che
quasi mi sconvolge. E devo dire che con il fisico che si ritrova non
mi dispiacerebbe averlo per una volta a letto con me. Anzi anche più
di una. Chissà sei suoi problemi si riflettono anche nella sfera
sessuale. O magari ha una vita sessuale normale e mi sogna di notte.
Sono la solita sempre a pensare che tutti mi notino. Ma ho fatto di
peggio, ho anche creduto che quel “per sempre” significasse
qualcosa. “Certo, Luigi, puoi scendere e salutami Leandro”
Secondo
me sono tutti pazzi. Proprio tutti, compresa mia madre.Vivono di
corsa oppure sono chiusi in casa a ripetere a voce alta parole
strane. Non hanno il tempo per leggere tutta la posta che ricevono,
non escono spesso con gli amici, non si accorgono dei fiori in
giardino. Quando vedo negli occhi di Lucia e nei suoi gesti un po’
di pietà nei miei confronti vorrei darle una carezza. Vorrei darle
un carezza per ricordarle che chi sta male è lei. Senza tempo per se
stessa, sempre vestita da signora impegnata che ancora fuma di
nascosto in bagno. Quando sento Stefano ripetere a voce alta tutti
quei termini così obsoleti (ho controllato sul dizionario oggi, vuol
dire vecchi) vorrei sorridergli e ricordagli che il tempo non torna
indietro e non è mai clemente. Ma chi è clemente a questo mondo?
Con me nemmeno la vita lo è stata. Ogni volta che lo incrocio
Stefano mi guarda con gli occhi di chi si sente impotente e vorrebbe
darmi un futuro. A me non serve un futuro, riesco a vivere benissimo
il presente. Ma è difficile spiegare a chi è sano che non vivo
male. Sono solo uno che arriva al senso delle cose per vie diverse e
talvolta con mezzi diversi. Ma loro sono molti, sono la maggioranza.
E la maggioranza decide la normalità. E a me la normalità non è
mai piaciuta. Però io ci vivo bene qui e mi sembra che le rose me lo
riconoscano. Anzi oggi ne prendo una e la porto alla mamma.
Ultimamente mi sembra molto triste, forse papà le manca più del
solito. Gli altri anni in questi periodi discutevano sempre di dove
trascorrere le vacanze, se al mare o in montagna. A me piaceva anche
vederli discutere, trovavo una variante dell’amore anche nel loro
vociare. Sì, papà mi manca e anche tanto ma per fortuna che c’è
la mamma che ha promesso di non abbandonarmi mai.
Mio
figlio è bellissimo. Ha gli stessi lineamenti di mio marito, lo
stesso sorriso. Ha imparato negli anni a muoversi come lui. Ma come
andrà a finire quando non ci sarò più? Chi si occuperà di lui?
Chi gli preparerà da mangiare, chi gli stirerà le polo che mette
quando lavora? Il solo pensiero mi mette ansia e sapere che accadrà
tra non molto mi getta nella disperazione. Ma dovrò pur
parlargliene. Dovrà pur sapere che sua madre lo sta per abbandonare,
per sempre. Gli avevo promesso il contrario, ma non potrò onorare il
nostro patto. Temo che purtroppo finirà in qualche struttura,
nonostante la sua integrazione qui ai palazzi gemelli sia chiara. Lo
adorano tutti, ognuno a modo suo, ognuno come meglio crede e sa fare.
Quando mi dissero dei suoi problemi di salute la prima cosa cui
pensai fu di poter morire insieme a lui. Lo so non sono pensieri da
fare per una madre ma sono sinceramente spaventata che con la mia
morte Leandro si ritrovi talmente smarrito da manifestare tutti i
comportamenti di cui ci aveva parlato il medico. Leandro è amato da
tutti, lo percepisco e non so se in una realtà differente avrebbe
potuto avere le stesse condizioni di vita. Dopo la morte di Sandro
non mi aspettavo che il signor De Fortis chiedesse a mio figlio di
continuare il lavoro di mio marito. E invece eccomi ancora a
occuparmi di un uomo, ancora a occuparmi di un portiere.
Aspettare
gli autobus nella semiperiferia è un incubo. La prossima volta vengo
in bicicletta e mi ricordo di legarla. L’attesa rende la mia mente
libera che si ritrova a pensare, pensare, pensare. Mi piace pensare.
Mi piace pormi domande sulle vite degli altri. Mi piace chiedermi se
siano felici e soddisfatti. Mio padre dice che non si può essere
felici perché la vita costa fatica. Ma la fatica non può portare un
po’ di felicità? Se vado a farmi una passeggiata in montagna al
ritorno sarò stanco ma molto probabilmente felice. Eccomi di nuovo a
pensare a mio padre, accidenti a me. Che strano, la palazzina dietro
di me ha ancora il portiere. Credevo che fosse una figura
professionale ormai in disuso da anni. In tempi in cui gli Italiani
tornano a fare lavori considerati umili, per anni appannaggio di
stranieri in cerca di fortuna. Deve essere quel tipo vicino al
roseto. Polo perfetta, forbici in mano, probabilmente il roseto sta
per impoverirsi di uno dei suoi fiori. Magari lo porterà alla
moglie. Perché non si è mai visto un portiere celibe.Altrimenti chi
pulirebbe le scale. Eccomi, ha ragione mia madre, il mio maschilismo
esce nei momenti più inadatti. Meno male che i miei pensieri vengono
filtrati prima di divenire parole. Strane queste due palazzine. Sono
gemelle. Chissà a cosa pensa la gente che vive. Chissà cosa fanno,
come passano il tempo su cosa riflettono. Magari qualcuno da una di
quelle finestre mi ha visto e si sta ponendo le stesse domande. E’
bello sapere di destare interesse nelle persone, mi è sempre
piaciuto sentirmi osservato. Mia madre mi darebbe del solito
narcisista. Vedo arrivare un autobus... eccolo, eccolo... ditemi che
è il cinquantasei barrato, ditemi che è il cinquantasei barrato,
ditemi che è il cinquantasei anche non barrato sono disposto a
tutto...
Accidenti
è il settantuno. I miei sogni di gloria sono svaniti e soprattutto
la mia possibilità di arrivare puntuale al cinema. Questa volta mi
lascia, lo sento. Se non mi lascia la sposo e vengo a fare il
portiere qui in corso Tripoli. E pur di contestare mia madre, le
scale le pulisco io.
la mia seconda proposta di titolo sarebbe stata 'incontri casuali', e la storia nella mia testa era molto simile a questa. però nella mia testa era scritta meno bene. mi piace.
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