Troppo lunga per i pensieri troppo corta per i piaceri... (cit. Snoopy)
martedì 10 dicembre 2013
martedì 19 novembre 2013
Don't stop believing
Un mondo diverso è possibile? Una classe politica disinteressata, capi religiosi oscurantisti convinti che tu non debba pensare ma accettare e il disinteresse dilagante di quel gruppo astratto che noi chiamiamo società senza renderci conto di quanto sia concreto.
Orfano di serie televisive da seguire con un finale pessimo di Dexter e l'attesa di Pretty Little Liars a gennaio mentre scopro giorno dopo giorno Breaking Bad e Queer as Folk versione inglese ho riguardato qualche episodio di Glee.
Non che mi piaccia particolarmente, Glee è pensata per i teen agers e per chi ama la musica e io appartengo a quelli che alla radio ascoltano chi parla e non chi canta( e nemmeno alla generazione teen). Glee però ha un merito non indifferente sottolineato dal fatto della particolare età degli spettatori. Glee ha il coraggio di affrontare i cambiamenti della società.
Il Glee club è un gruppo di cantanti ballerini di un liceo dell'Ohio. Potrebbe sembrare la nuova versione di Saranno Famosi o di Beverly Hills ma la differenza è proprio nello stereotipare i personaggi. In Glee non c'è solo la ragazza stronza, il bullo e il giocatore di football, il ragazzino timido e omosessuale e la ragazza svampita. In Glee si trovano la protagonista figlia di due padri (di cui uno nero e uno ebreo), la ragazza madre di famiglia iper cattolica che darà il figlio in adozione e la studentessa affetta da sindrome di Down. Già basterebbero loro per renderla innovativa ma nella quarta serie gli sceneggiatori hanno introdotto un personaggio nuovo, stereotipato anche lui, ma per la prima volta in una serie televisiva per adolescenti.
Il personaggio si chiama Wade ma si fa quindi chiamare Unique perché inizia ad accettare non la sua sessualità che è chiara quanto il suo genere. Una serie pensata per i teen agers dove uno dei personaggi soffre per un problema di genere. In parte pensare che una serie televisiva che probabilmente un giorno potranno guardare i miei nipoti mi rende quasi ottimista verso un diverso mondo possibile. Poi Passando in cucina vedo in tv quei soliti noti politicanti che nemmeno permettono il matrimonio omosessuale (citando a sproposito e sbagliando la Costituzione) e strani concetti naturali sul matrimonio come se fosse un dono arrivato sulla terra e non un mezzo creato dall'uomo per dare un'organizzazione sociale. Smetto di essere ottimista e il pessimismo riprende piede.
Benedette siano le serie televisive e per rimanere in stile Glee, Don't stop believing!
giovedì 7 novembre 2013
La verità ci fa male?
Giudizi a parte una delle cose che noto in aumento tra le persone che mi circondano e che osservo è la difficoltà a chiamare le cose con il proprio nome. Un po' come si fa con la parola cancro oppure tumore e si parla di brutto male (ma poi esistono mali belli?). Non chiamiamo le cose con il proprio nome e cerchiamo di renderci la pillola più digeribile, in assenza di zucchero. Un altro esempio è la parola fallimento. Abbiamo fallimenti nella nostra vita, sia essa professionale o affettiva, pubblica e privata. Però non sento dire frasi del tipo "Ho fallito" ma gente che ci gira intorno. Fallire è una sconfitta? Forse si ma la vera sconfitta sta nel non riuscire ad ammetterlo. Avrò fatto due forse tre scelte giuste nella vita, le altre sono state sbagliate dettate dall'ottimismo, dalla presunta e ormai estinta fede e dal mio animo sognatore. Ci ho messo anni ad accettare alcune scelte come fallimenti e nel momento che le ho iniziate a chiamare per quello che sono state ho ricominciato cercando questa volta di non commettere gli errori precedenti (ma ormai non ho ottimismo, fede e non dormendo sogno ben poco).
In tempi di politicamente corretto il nostro professore di lingua dei segni ci aveva detto o meglio ci aveva spiegato e scritto che il termine da usare è "sordo". Non sordomuto, audioleso, ipoqualcosa, etc. A sostegno del termine c'è una legge che impone di usare il termine sopracitato. Un chiaro esempio di come dovremmo chiamare le cose. Con il loro nome.
Ora, sereno per avere scritto finalmente due nuove righe mentre mi accingo a rinnovare il dominio per un altro anno, prometto a me stesso di chiamare le cose con il loro nome senza nascondere la verità. Per cui perdonatemi miei cari nipoti ma devo dirvi la verità: Peppa Pig è una maiala.
domenica 21 luglio 2013
Ballando sotto le stelle
La sera, mentre osservo le stelle e la luna (e guardate che giorno è oggi), penso a quello che mi manca. Potrei fare un elenco delle cose che mi mancano ma ora penso alle esperienze. Di certo non posso lamentarmi, nel mio piccolo ho dato una svolta eterogenea alla mia vita, sbagliando continuamente ma facendone tesoro sempre.
Un'esperienza però mi manca fortemente. Mi manca un ballo. Lento e dolce. Non mi importa dove, non mi importa la musica (anche se vorrei questa) ma mi manca essere invitato. Mi manca essere desiderato in quel preciso istante, essere invitato ed essere infine trasportato. Mi manca la mano prima tesa quindi che mi accompagna.
Il guardarsi negli occhi, il suo sorriso, il mio sorriso. I suoi occhi, il mio pianto (perchè lo desidero e lo temo... un odi et amo dei giorni nostri).
Così mentre guardo la luna e attendo le stelle esprimo il mio semplice desiderio e attendo speranzoso un invito. Anzi l'invito.
giovedì 11 luglio 2013
Finché la barca va...
M. fa l'attore fin da bambino. La prima volta ha recitato in una pubblicità di biscotti e il suo agente è stato la mamma. Poi è cresciuto e quella che era un passione gli ha dato e tuttora gli dà da vivere. Ora insegna anche nelle scuole e non c'è cosa più bella di poter insegnare ciò che amiamo. Potere e non volere, perché non sempre ci è concesso farlo.
B. lavora in una libreria. E' talmente piacevole dialogare con lei che spesso mi dimentico il libro che stavo cercando. Ma in fondo il libro mi verrà in mente e il confronto con B. invece va preso al volo, vuoi perché lavora vuoi perché l'unicità dei rapporti spesso risiede anche nel momento, nella sua collocazione storica e temporale.
G. faceva l'autista. Ora dirige il traffico (ma non è un vigile) nei garage dove riposano i bus che servono una città toscana. La prima volta che lo vidi aveva una maglietta di Libera con una frase di Paolo Borsellino. Ha la faccia da bimbo furbetto, il tipico bischero toscano, che sembra quasi ti stia nascondendo qualcosa. Un po' invidio i suoi capelli almeno fino a quando non mi ricordo che sono meravigliosi pure i miei (e ribadisco meravigliosi). E' una di quelle persone che non riesci a spiazzare perché hanno un'idea su tutto. O almeno ci provano.
M., B., G. sono le ultime persone che ho conosciuto ed è strano pensare che nonostante il mio momento storico attuale riesca ancora a entrare in sintonia con persone in apparenza così diverse ma probabilmente inquiete quanto me.
Ci penso e mi viene in mente di nuovo l'esempio della nave che rappresenta la mia vita che sta affondando. Invece di trovare una soluzione mi sto mettendo a conoscere le persone che stanno viaggiando con me, come se in fin dei conti l'andare a picco non mi interessasse più di tanto ma volessi conoscere tutti i passeggeri anche quelli che non sapevo fossero saliti.
E magari in questa ricerca trovare qualcuno che prenda il timone in mano e risolva la situazione. O meglio ancora mi insegni a prendere il timone in mano.
Ps La voglia di scrivere di getto senza rileggere è tornata! Perdono, perdono, perdono...
sabato 6 aprile 2013
Dalle stelle allo stallo
Il bar Bianconero è popolato delle migliori razze di esseri umani. Basta passarci un pomeriggio di una domenica primaverile seduto nel dehor che abbraccia la piccola piazza del paese. Insomma quello che Vittorio sta facendo ora, in attesa del suo aperitivo e dei compagni di bevute.
Nell'attesa ammazza il tempo osservando gli altri avventori, sempre i soliti, sempre alle solite ore.
Alla sua destra è incuriosito da una strana coppia. Hanno un qualcosa di nobile, quasi regale. Il marito sembra più vecchio della moglie fisicamente e basta vedere il loro moto verso la ricerca del tavolino migliore per notare l'evidente differenza di linearità nei movimenti. La donna infatti è molto più agile e si muove quasi con grazia in mezzo agli altri clienti del bar.
Nell'attesa ammazza il tempo osservando gli altri avventori, sempre i soliti, sempre alle solite ore.
Alla sua destra è incuriosito da una strana coppia. Hanno un qualcosa di nobile, quasi regale. Il marito sembra più vecchio della moglie fisicamente e basta vedere il loro moto verso la ricerca del tavolino migliore per notare l'evidente differenza di linearità nei movimenti. La donna infatti è molto più agile e si muove quasi con grazia in mezzo agli altri clienti del bar.
In un tavolo vicino due ragazzi gemelli, alti come due torri, entrambi vestiti con una camicia a righe. Sembrano stranieri, vestiti con la stessa maglietta a righe e un cappello particolare (a Vittorio ricordano i gondolieri di Venezia).
Ma le stranezze non sono finite. Nella piazza stanno arrivando tre cavalli, due bianchi e uno nero, probabilmente presi a nolo per una passeggiata sulle colline che fanno da cornice al piccolo paese.
A concludere il quadretto che allieta l'attesa di Vittorio due squadre di bimbi stanno giocando nella piccola piazza a un gioco che ricorda palla avvelenata ma senza palla (giusto per togliere ai piccoli umani la possibilità di fare troppi danni in una tranquilla domenica pomeriggio).
Vittorio osserva il tutto e attende un segno, un'illuminazione, un qualcosa che lo faccia uscire dalla sua immobilità davanti al suo bicchiere.
Ma si sa, la vita di un alfiere è sempre dura.
Ma le stranezze non sono finite. Nella piazza stanno arrivando tre cavalli, due bianchi e uno nero, probabilmente presi a nolo per una passeggiata sulle colline che fanno da cornice al piccolo paese.
A concludere il quadretto che allieta l'attesa di Vittorio due squadre di bimbi stanno giocando nella piccola piazza a un gioco che ricorda palla avvelenata ma senza palla (giusto per togliere ai piccoli umani la possibilità di fare troppi danni in una tranquilla domenica pomeriggio).
Vittorio osserva il tutto e attende un segno, un'illuminazione, un qualcosa che lo faccia uscire dalla sua immobilità davanti al suo bicchiere.
Ma si sa, la vita di un alfiere è sempre dura.
mercoledì 13 marzo 2013
Il compagno oscuro, la compagna scelta
Pioveva che sembrava dovesse finire tutto nel giro di una notte e le mie fedeli compagne di sonno non avevano fatto il loro preziosissimo lavoro. C'era il rumore delle gocce sulla porta finestra che apre il mio mondo al nostro giardino botanico. Osservavo il quadro nuovo che da ieri sovrasta i miei pensieri. E' un'opera unica fatta in cartapesta. Rappresenta una nave diretta non si sa dove ma comunque con una direzione chiara. Un po' come se il capitano fosse muto e non riuscisse a spiegarvi dove state andando.
Tra la pioggia e il piccolo vicino di casa che piangeva forse per paura oppure per fame venivo preso dai soliti pensieri tristi, quegli stessi pensieri che mi fanno stare lontano da tutti in attesa di essere cercato. Chiedere aiuto diventa sempre più difficile, l'idea di falsa sicurezza che hai creato per tranquillizzare gli altri diventa così veritiera che ci caschi pure tu. Un gioco peraltro che riesce a strapparti un sorriso pensando quanto sia banale cadere nelle "trappole" che hai creato tu stesso. Così non chiedo, ma aspetto.
E nell'attesa parlo con il mio compagno oscuro e stufo di averlo troppo presente nella mia vita trovo la soluzione più banale per tenerlo a bada: una fidanzata. Il compagno oscuro e la compagna intelligente, quasi quasi ci scrivo un libro visto che ora occupato come è penserà un po' meno a me. Forse.
sabato 2 febbraio 2013
E' il destino che te lo chiede
Sono le giornate di pioggia che mi permettono di riflettere. La poca luce che entra in camera rattrista anche l'arancio delle mie pareti. Ma sono queste stesse giornate in cui, come un ragioniere a fine mese, mi metto a fare due conti (o bilanci scegliete un po').
Ma tra attivi e passivi devo dire che sono proprio messo male e la situazione è in continuo peggioramento. A dirlo sono i fatti, non le idee. A confermarlo le perdite e i mancati guadagni.
Il destino mi sta lanciando dei segnali? Se ci credessi direi di si. La luce fioca di oggi però me lo fa credere.
Servono dei punti, per mettere un po' di parole FINE nei vari ambiti. Conditi dal buon vecchio silenzio.
Il blog chiude almeno fino a quando non ci sarà un seppur minimo cambiamento in positivo, ammesso che possa esserci.
martedì 8 gennaio 2013
sabato 5 gennaio 2013
Lascia stare i santi e pensa a tutti quanti
Il mio primo tweet dell’anno riflette le parole del titolo. E’ nato così, senza una motivazione particolare. Qualche minuto fa però ho avuto un’ispirazione e scrivo il primo post dell’anno.
Ogni volta che sto male, e succede molto spesso, scorro la rubrica del telefono in cerca di qualcuno che possa semplicemente ascoltarmi. Ho una cosa come centocinquanta contatti nella rubrica. Tolti quelli imposti tipo servizio clienti et similia e quelli familiari me ne rimangono ameno un centinaio. Non riesco a chiamare nessuno di loro. Non riesco perché mi sembra di disturbare, perché penso che avranno le loro cose, i loro pensieri. Penso che magari potrei interrompere la loro cena, il loro studio, il loro lavoro. Mi sento come un intruso che cerca di entrare a forza nella loro vita. Ora se mi vedo dall’altra parte non ci vedo nulla di male nell’essere interrotto dagli altri, sia a cena che nello studio. Non si decide di stare male e soprattutto non si sa quando.
Inoltre so che se un amico mi chiama ha bisogno, ed essere amici vuol dire investire tempo ed energie per l’altro. So di essere un buon amico e almeno in questo non ho fallito. Lo dimostra il fatto che i miei amici sono diversi per tutto: sesso, politica, religione, accento, lavoro ed età. In comune hanno me; sono il collante di questo universo di bellissima diversità. Li ho conosciuti nelle maniere più strane, chi al cinema e chi in ospedale, chi tramite un racconto e chi perché ci sono andato a letto. In quel momento, ovunque mi trovassi, è scoppiata un’alchimia dettata dal momento e propensa a trasformarsi in sintonia.
Sono circondato, anzi mi sono circondato di belle persone. Belle in senso lato, perché hanno da darmi qualcosa di loro, dirmi qualcosa di loro e donarmi un po’ del loro tempo. Nonostante dichiari sempre che i miei amici debbano essere intelligenti quanto me mi considero meno intelligente di loro e di conseguenza tutto ciò che mi riguarda viene sminuito da me stesso.
In preda allo sconforto, agli occhi gonfi e alla stanchezza mentale abbraccio il cuscino e mi corico a letto rendendo felice ancora una volta il mio compagno oscuro. Me lo immagino seduto alla scrivania, seduto ad osservarmi, quasi a gustare il mio stato d’animo. Il compagno oscuro: tu chiamalo se vuoi depressione. Ma se non lo conosci tranquillo puoi benissimo farne a meno.
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