Giudizi a parte una delle cose che noto in aumento tra le persone che mi circondano e che osservo è la difficoltà a chiamare le cose con il proprio nome. Un po' come si fa con la parola cancro oppure tumore e si parla di brutto male (ma poi esistono mali belli?). Non chiamiamo le cose con il proprio nome e cerchiamo di renderci la pillola più digeribile, in assenza di zucchero. Un altro esempio è la parola fallimento. Abbiamo fallimenti nella nostra vita, sia essa professionale o affettiva, pubblica e privata. Però non sento dire frasi del tipo "Ho fallito" ma gente che ci gira intorno. Fallire è una sconfitta? Forse si ma la vera sconfitta sta nel non riuscire ad ammetterlo. Avrò fatto due forse tre scelte giuste nella vita, le altre sono state sbagliate dettate dall'ottimismo, dalla presunta e ormai estinta fede e dal mio animo sognatore. Ci ho messo anni ad accettare alcune scelte come fallimenti e nel momento che le ho iniziate a chiamare per quello che sono state ho ricominciato cercando questa volta di non commettere gli errori precedenti (ma ormai non ho ottimismo, fede e non dormendo sogno ben poco).
In tempi di politicamente corretto il nostro professore di lingua dei segni ci aveva detto o meglio ci aveva spiegato e scritto che il termine da usare è "sordo". Non sordomuto, audioleso, ipoqualcosa, etc. A sostegno del termine c'è una legge che impone di usare il termine sopracitato. Un chiaro esempio di come dovremmo chiamare le cose. Con il loro nome.
Ora, sereno per avere scritto finalmente due nuove righe mentre mi accingo a rinnovare il dominio per un altro anno, prometto a me stesso di chiamare le cose con il loro nome senza nascondere la verità. Per cui perdonatemi miei cari nipoti ma devo dirvi la verità: Peppa Pig è una maiala.
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