Ho un telefono cellulare e due schede telefoniche. Centosessantacinque contatti nella rubrica. Scrivo messaggi, chiamo, rimango in contatto con la rete sociale che fa parte della mia vita. La mia voce arriva a Firenze, Savona, Torino, Milano, Cremona, Terni. Così fanno i messaggi, giusto connubio tra la mia voglia di scrivere e il potere della sintesi.
Ho un telefono fisso. Sarebbe meglio dire che a volte mi ricordo di averlo, altre associo il suo suono a una chiamata dei miei vicini. Casa mia è aperta a tutti, pronta a tutto. Ancora non ho ben chiaro quante persone abbiano le copie delle chiavi di casa nostra e non mi spaventa. Mi piace pensare che "benvenuto" non sia solo una parola di circostanza.
Uso Skype. E vedo il sole in paesi mentre qui è notte. Uso iChat, ma poco perché quasi nessuno lo usa. Non sono sui social network semplicemente perché non mi interessano e non ne ho bisogno ma ne riconosco il valore (almeno quello potenziale). Non faccio foto, non ne ho e non le pubblico. Trovo fastidioso sapere che ci sono foto mie su facebook, ma di quello se ne occuperà il mio avvocato.
Sono sociale seppur non molto socievole. Mi sforzo di rimanere in contatto con chi fa parte della mia vita e vuole continuare a farne parte. Mi ritrovo a dispensare consigli sulla vita affettiva degli altri nonostante io non ne abbia una da tempo. Riesco ad esserci. Metto anima e corpo nei rapporti umani. Perché a volte serve la parola, altre l'abbraccio, altre ancora la carezza.
Ma nonostante ciò ancora non riesco a rivolgere a me stesso le stesse attenzioni che dedico agli altri. Osservo il soffitto bianco, mi immagino un sole, chiudo gli occhi e mi chiedo dove sia la mia testa.
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