giovedì 27 dicembre 2012

Numero 32

Mi sono perso in un abbraccio. Per un attimo mi sono sentito sollevato, un attimo che è durato minuti, minuti che sono diventati ore. Concentrato solo sul momento ma soprattutto rilassato. Un abbraccio che mi sono portato nel letto, come se potesse continuare quella sensazione di totale riparo dal mondo.
Un abbraccio tanto bello quanto inaspettato, tenero almeno quanto sincero. Era un abbraccio caldo per mettermi al riparo dal freddo che in questi giorni non mi sta risparmiando.
Era un abbraccio forte per ricordarmi che di forza ne ho anche io, nascosta in qualche vicolo cieco della mia testa.
Era un abbraccio intenso per potermi portare a casa il ricordo di una piacevole serata.
Ma soprattutto era un abbraccio sincero, che in cambio ti chiedeva la stessa cosa: un po' di affetto.

domenica 16 dicembre 2012

Si muore anche così, d'autunno, alla stazione

C'è una panchina alla stazione che da qualche giorno è vuota. Ho conosciuto Luca in una delle mie notti insonni, quelle notti in cui passeggiare in cerca di qualcuno con cui parlare mi ha salvato di pensare a me stesso. Si è avvicinato lui e mi ha chiesto una sigaretta e mi è dispiaciuto non averne un pacchetto con me (cosa ovvia visto che non fumo). Per una volta ho preso la palla al balzo e mi sono presentato. Quella che poteva essere una chiaccherata estemporanea è stata la prima di un rapporto fatto di discorsi sui massimi sistemi, qualche sigaretta, una coperta e intelligenza.
Cosa mi colpisce sempre dei barboni che conosco è che la maggior parte di loro sono persone intelligenti che riescono a mettermi fortemente in discussione. Sono cresciuto con l'idea che chi vive in strada sia qualcuno che abbia rinunciato. Mi sono ricreduto grazie al freddo, al vivere vicino alla stazione e al cercare umanità in mezzo alla banalità.
Mi sono ritrovato a parlare con un ingegnere di Milano, Luca appunto, del non senso del vivere, dell'enorme perdita di tempo che è. Gli avevo promesso un libro di Pavese ma la morte ha scelto diversamente.
E ora c'è un panchina vuota, un libro in attesa e un amico in meno.

giovedì 13 dicembre 2012

E' per te il tredici dicembre


Tredici anni il tredici dicembre che ti conosco. Ho saputo del tuo arrivo una domenica di aprile in mezzo alle scatole del mio imminente trasloco, il primo di una lunga serie. Ho tanti ricordi di te e di noi. Una fiaba letta prima di andare a nanna, una passeggiata per quella stradina che porta dalla piazza del paese fino alla chiesa del borgo. Anni fa feci la stessa passeggiata ma nel ruolo del più giovane, il bimbo insomma. Caso vuole che fossi con un'amica di mia madre (la storia si ripete non trovi?).
Ho in mente i biglietti che ti ho mandato negli anni, soprattutto il primo e tutti i pupazzetti che animano la tua cameretta (cameretta... è il doppio della mia!) che ti ho cercato in giro per la Toscana.
Porto con me le ansie della tua mamma, le sue naturali paure e la sua determinazione a risolverle. Ma ho condiviso anche le soddisfazioni che le hai dato e che continui a darle.
Da quel tredici dicembre fai parte della mia vita e oggi, per la prima volta, ti faccio i miei auguri e  ti dico, anzi ti scrivo che ti voglio bene.

mercoledì 12 dicembre 2012

Voglia di cambiamento

Riccardo

Where is my mind?

Ho un telefono cellulare e due schede telefoniche. Centosessantacinque contatti nella rubrica. Scrivo messaggi, chiamo, rimango in contatto con la rete sociale che fa parte della mia vita. La mia voce arriva a Firenze, Savona, Torino, Milano, Cremona, Terni. Così fanno i messaggi, giusto connubio tra la mia voglia di scrivere e il potere della sintesi.
Ho un telefono fisso. Sarebbe meglio dire che a volte mi ricordo di averlo, altre associo il suo suono a una chiamata dei miei vicini. Casa mia è aperta a tutti, pronta a tutto. Ancora non ho ben chiaro quante persone abbiano le copie delle chiavi di casa nostra e non mi spaventa. Mi piace pensare che "benvenuto" non sia solo una parola di circostanza. 
Uso Skype. E vedo il sole in paesi mentre qui è notte. Uso iChat, ma poco perché quasi nessuno lo usa. Non sono sui social network semplicemente perché non mi interessano e non ne ho bisogno ma ne  riconosco il valore (almeno quello potenziale). Non faccio foto, non ne ho e non le pubblico. Trovo fastidioso sapere che ci sono foto mie su facebook, ma di quello se ne occuperà il mio avvocato.
Sono sociale seppur non molto socievole. Mi sforzo di rimanere in contatto con chi fa parte della mia vita e vuole continuare a farne parte. Mi ritrovo a dispensare consigli sulla vita affettiva degli altri nonostante io non ne abbia una da tempo. Riesco ad esserci. Metto anima e corpo nei rapporti umani. Perché a volte serve la parola, altre l'abbraccio, altre ancora la carezza.
Ma nonostante ciò ancora non riesco a rivolgere a me stesso le stesse attenzioni che dedico agli altri. Osservo il soffitto bianco, mi immagino un sole, chiudo gli occhi e mi chiedo dove sia la mia testa.

(Se ti serve la colonna sonora per leggere questo pezzo clicca qui.)

mercoledì 21 novembre 2012

Storie di ordinario vicinato: il racconto

Sei cinque otto. Sei cinque otto. Sei cinque otto. Dal terzo piano riesco a riconoscere esattamente cosa si sta ripetendo Leandro. Oggi deve comunicare il consumo effettuato di gas del palazzo e di buon mattino è già al lavoro. Leandro è il portiere dello stabile di Corso Tripoli. Come prima di lui lo è stato il padre Sandro. Mi ricordo ancora della nascita di Leandro. Era una sera d’estate, di quelle afose in cui il fiume restituisce agli abitanti tutta l’umidità accumulata. Stavo giocando con Giulia a “pigliabimbo”, quel gioco che ho sempre odiato ma sempre praticato perché già succube del fascino femminile. E dire che avevo solo dieci anni. Erano le otto e trenta di sera e ci trovavamo in cortile dopo essere sfuggiti alla visione del telegiornale (avere una madre maestra ti porta questo e altre imposizioni). Era il mio turno di pigliabimbo e Giulia e Giada stavano già correndo ma venimmo tutti interrotti all’arrivo trombettante di Sandro che con il suo accento ligure annunciava a gran voce la nascita del figlio.
E’ nato e sta bene” urlava a tutti. Purtroppo con gli anni una parte di questa frase si sarebbe rivelata non vera. Nel giro di pochi minuti, vidi scendere in cortile mia madre, mio padre, i nonni di Giulia, la sorella di Giada e via via tutti gli abitanti delle palazzine gemelle. Mi ricorderò sempre l’espressione di Sandro, i suoi occhi lacrimanti, le sue braccia pronte ad accogliere tutti in un momento di condivisione. Ancora oggi se mi chiedono cosa sia la felicità prima di rispondere ripenso a quella sera e a quell’uomo che declamava l’arrivo del primogenito.

Leandro rimane una certezza. Almeno lui. Nei miei ormai cinquant’anni di vita non ho mai incontrato un uomo come lui. Preciso, puntuale, affidabile. Ancora una volta torno a casa e trovo la posta divisa per priorità, prima i pacchi, poi le raccomandate quindi le riviste. La prima volta che venni a vedere l’appartamento fu proprio lui a guidarmi nella visita, facendomi notare tutti gli aspetti, positivi e negativi. Riuscì anche a farmi dimenticare la sua disabilità. Se non fosse per quegli occhiali spessi probabilmente riuscirebbe a ingannare buona parte delle persone che incontra e con cui ha a che fare. Che poi usare il termine ingannare è sbagliato. Leandro è lo specchio della sincerità. Se mio nipote avesse solo la metà della forza morale di Leandro non avrei trovato tra la posta una sua lettera. Ma cosa la apro a fare, tanto sarà l’ennesima richiesta di soldi. Tanto bravo, tanto intelligente quanto poco coraggioso. Coraggioso, in realtà non è questione di coraggio, basterebbe un po’ di umiltà. Avere un nipote che dà per scontato che poiché la zietta non ha figli deve dare tutto a lui. E poi il vecchio ricatto morale dell’aver perso il padre a vent’anni sta diventando un’arma troppo usata. Sicuramente avrà già messo gli occhi anche su questo appartamento. Ma le persone che danno per scontati i rapporti umani non mi sono mai piaciute. I rapporti sono un continuum tra due persone. Soprattutto per quanto riguarda la fiducia, basta vedere il rapporto che in questo posto vige tra i coinquilini e Leandro. A volte mi piace pensare che l’equilibrio di queste due palazzine sia sorretto dal nostro giovane portiere che seppur limitato nelle facoltà mentali potrebbe dare lezioni a tutti noi di buon senso. I rapporti di condominio, che delizia... Se non ci fossero aumenterebbero i disoccupati in questo paese. D’altronde tutti questi avvocati dovranno pur avere un lavoro mi verrebbe da pensare. Vero è che se fossero come tutti noi dello stabile di Corso Tripoli, molti avvocati finirebbero con il fare i camerieri. O forse scoprirebbero il piacere di reinventarsi, quello che io ormai ho perso per strada.

Disabile, diversamente abile, diversabile: la diversità secondo i criteri del politicamente corretto”. Giuro che la prossima volta che mi laureo scelgo un tema più semplice. Giuro che la prossima volta che nasco mi iscrivo a una facoltà scientifica. Giuro che... Quante promesse. Tanto so già che non le manterrò. Sto per finire l’università, un anno di ritardo, nessuna esperienza all’estero. Nemmeno il servizio civile. E se penso che Leandro insisteva tanto cercando di portarmi al centro dove ora fa volontariato. Mi viene da sorridere se penso che un ragazzo affetto da un ritardo come il suo abbia un lavoro in regola e faccia volontariato. Io non ho un lavoro, ho troppe regole e non faccio volontariato. Chissà se riuscirò a combinare qualcosa. Oppure finirò come mio fratello, incastrato in un lavoro che non sopporta per mandare avanti un rapporto andato ormai in fumo. E non ho nominato mia nipote. Con questa storia della libertà da genitori lui e mia cognata sono diventati osservatori della crescita. Una sorta di figura sociale simile agli osservatori internazionali che vanno nei paesi in via di sviluppo, osservano, frequentano dittatori più o meno sanguinari per poi dire che va tutto bene. Ecco lo sapevo, ho perso nuovamente la concentrazione e devo andare avanti con la tesi. Ma giuro che se rinasco... ma dove rinasco io non credo mica nella reincarnazione!

Avvocato buongiorno, si accomodi”. Queste sono le uniche parole che sentirò per le prossime ore. Se penso che sto scrivendo un testamento di un signore che sta per lasciare tutto a un matto che fa il portiere mi viene veramente da incazzarmi. Certo da incazzarmi, non da arrabbiarmi. Perché dovrebbe lasciare tutto a un ritardato. Ecco sono il solito, continuo a pensare senza conoscere e poi questo ragazzo non mi ha fatto nulla di male. La mia è solo invidia, ha ragione mia moglie. Non mi hanno mai regalato nulla e vorrei per una volta ottenere qualcosa così gratuitamente. Eccolo che arriva il “morto che cammina”... se sapesse come l’ho soprannominato. Ma d’altronde lui sta morendo e nonostante ciò fuma. Vero è che ormai sulla soglia degli ottanta con la sola compagnia di una badante che non parla la sua lingua e con un tumore al terzo stadio ai polmoni smettere di fumare cosa cambierebbe? Nulla, appunto. Renderebbe meno sopportabile gli ultimi giorni che lo separano dalla fine. Fine che vista la sostanza dei suoi averi potrà essere un nuovo inizio per qualcun altro mi verrebbe da dire. Se non altro si comprerà qualche polo nuova quel portiere. Eccolo ha finito la sigaretta. Ora non mi resta che ricominciare a leggere queste pagine e fargliele firmare. Speriamo almeno che oggi non trovi nulla da criticare con la solita smorfia del viso. Cavoli, almeno parlasse!

Mamma, posso scendere a vedere come stanno gli insetti?”. Mio figlio, tra tutti gli interessi che poteva avere non fa altro che parlare di insetti. Passa molto tempo con Leandro. Il fatto di non avere un padre lo ha portato a ricercare una figura paterna. Le mie amiche me lo ricordano sempre. Un po’ come se mi ricordassero ogni tre per due che comunque sono una madre single, che me la sono cercata. Leandro, che caro. Ha una dolcezza nel rapportarsi con mio figlio che quasi mi sconvolge. E devo dire che con il fisico che si ritrova non mi dispiacerebbe averlo per una volta a letto con me. Anzi anche più di una. Chissà sei suoi problemi si riflettono anche nella sfera sessuale. O magari ha una vita sessuale normale e mi sogna di notte. Sono la solita sempre a pensare che tutti mi notino. Ma ho fatto di peggio, ho anche creduto che quel “per sempre” significasse qualcosa. “Certo, Luigi, puoi scendere e salutami Leandro”

Secondo me sono tutti pazzi. Proprio tutti, compresa mia madre.Vivono di corsa oppure sono chiusi in casa a ripetere a voce alta parole strane. Non hanno il tempo per leggere tutta la posta che ricevono, non escono spesso con gli amici, non si accorgono dei fiori in giardino. Quando vedo negli occhi di Lucia e nei suoi gesti un po’ di pietà nei miei confronti vorrei darle una carezza. Vorrei darle un carezza per ricordarle che chi sta male è lei. Senza tempo per se stessa, sempre vestita da signora impegnata che ancora fuma di nascosto in bagno. Quando sento Stefano ripetere a voce alta tutti quei termini così obsoleti (ho controllato sul dizionario oggi, vuol dire vecchi) vorrei sorridergli e ricordagli che il tempo non torna indietro e non è mai clemente. Ma chi è clemente a questo mondo? Con me nemmeno la vita lo è stata. Ogni volta che lo incrocio Stefano mi guarda con gli occhi di chi si sente impotente e vorrebbe darmi un futuro. A me non serve un futuro, riesco a vivere benissimo il presente. Ma è difficile spiegare a chi è sano che non vivo male. Sono solo uno che arriva al senso delle cose per vie diverse e talvolta con mezzi diversi. Ma loro sono molti, sono la maggioranza. E la maggioranza decide la normalità. E a me la normalità non è mai piaciuta. Però io ci vivo bene qui e mi sembra che le rose me lo riconoscano. Anzi oggi ne prendo una e la porto alla mamma. Ultimamente mi sembra molto triste, forse papà le manca più del solito. Gli altri anni in questi periodi discutevano sempre di dove trascorrere le vacanze, se al mare o in montagna. A me piaceva anche vederli discutere, trovavo una variante dell’amore anche nel loro vociare. Sì, papà mi manca e anche tanto ma per fortuna che c’è la mamma che ha promesso di non abbandonarmi mai.

Mio figlio è bellissimo. Ha gli stessi lineamenti di mio marito, lo stesso sorriso. Ha imparato negli anni a muoversi come lui. Ma come andrà a finire quando non ci sarò più? Chi si occuperà di lui? Chi gli preparerà da mangiare, chi gli stirerà le polo che mette quando lavora? Il solo pensiero mi mette ansia e sapere che accadrà tra non molto mi getta nella disperazione. Ma dovrò pur parlargliene. Dovrà pur sapere che sua madre lo sta per abbandonare, per sempre. Gli avevo promesso il contrario, ma non potrò onorare il nostro patto. Temo che purtroppo finirà in qualche struttura, nonostante la sua integrazione qui ai palazzi gemelli sia chiara. Lo adorano tutti, ognuno a modo suo, ognuno come meglio crede e sa fare. Quando mi dissero dei suoi problemi di salute la prima cosa cui pensai fu di poter morire insieme a lui. Lo so non sono pensieri da fare per una madre ma sono sinceramente spaventata che con la mia morte Leandro si ritrovi talmente smarrito da manifestare tutti i comportamenti di cui ci aveva parlato il medico. Leandro è amato da tutti, lo percepisco e non so se in una realtà differente avrebbe potuto avere le stesse condizioni di vita. Dopo la morte di Sandro non mi aspettavo che il signor De Fortis chiedesse a mio figlio di continuare il lavoro di mio marito. E invece eccomi ancora a occuparmi di un uomo, ancora a occuparmi di un portiere.

Aspettare gli autobus nella semiperiferia è un incubo. La prossima volta vengo in bicicletta e mi ricordo di legarla. L’attesa rende la mia mente libera che si ritrova a pensare, pensare, pensare. Mi piace pensare. Mi piace pormi domande sulle vite degli altri. Mi piace chiedermi se siano felici e soddisfatti. Mio padre dice che non si può essere felici perché la vita costa fatica. Ma la fatica non può portare un po’ di felicità? Se vado a farmi una passeggiata in montagna al ritorno sarò stanco ma molto probabilmente felice. Eccomi di nuovo a pensare a mio padre, accidenti a me. Che strano, la palazzina dietro di me ha ancora il portiere. Credevo che fosse una figura professionale ormai in disuso da anni. In tempi in cui gli Italiani tornano a fare lavori considerati umili, per anni appannaggio di stranieri in cerca di fortuna. Deve essere quel tipo vicino al roseto. Polo perfetta, forbici in mano, probabilmente il roseto sta per impoverirsi di uno dei suoi fiori. Magari lo porterà alla moglie. Perché non si è mai visto un portiere celibe.Altrimenti chi pulirebbe le scale. Eccomi, ha ragione mia madre, il mio maschilismo esce nei momenti più inadatti. Meno male che i miei pensieri vengono filtrati prima di divenire parole. Strane queste due palazzine. Sono gemelle. Chissà a cosa pensa la gente che vive. Chissà cosa fanno, come passano il tempo su cosa riflettono. Magari qualcuno da una di quelle finestre mi ha visto e si sta ponendo le stesse domande. E’ bello sapere di destare interesse nelle persone, mi è sempre piaciuto sentirmi osservato. Mia madre mi darebbe del solito narcisista. Vedo arrivare un autobus... eccolo, eccolo... ditemi che è il cinquantasei barrato, ditemi che è il cinquantasei barrato, ditemi che è il cinquantasei anche non barrato sono disposto a tutto...
Accidenti è il settantuno. I miei sogni di gloria sono svaniti e soprattutto la mia possibilità di arrivare puntuale al cinema. Questa volta mi lascia, lo sento. Se non mi lascia la sposo e vengo a fare il portiere qui in corso Tripoli. E pur di contestare mia madre, le scale le pulisco io.






















giovedì 15 novembre 2012

Speriamo che sia femmina

Ho vissuto per più di un anno con un vicino di casa che nemmeno mi salutava. Credo che non sappia nemmeno il mio nome. Sono quasi certo che abbia i due numeri di Internazionale che non ho mai ricevuto (perché abbiamo lo stesso numero civico).
Le sue lodi mattutine al Signore si alternavano a radio Capital. Originale svegliarsi sentendo parole come buongiorno e telespettatori intervallate da bestemmie in perfetto stile toscano. Posso dirvi che è sempre stato attento alla sua igiene dentale almeno dai rumori che sentivo la sera.
In un mondo dove non durano matrimoni e convivenze figuriamoci se può durare un rapporto di vicinato. Il mio caro vicino se ne è andato via e sono arrivati i nuovi vicini.
Si tratta di una famiglia composta da genitori e tre bimbe. Credo che la sera (anche in questo momento) le fanciulle giochino a "lanciamo la sorella più piccola sul muro per vedere se rimbalza" e questa sarebbe una spiegazione plausibile. Inoltre credo che rimbalzi perché continuano a giocare ogni sera dopo le ventitre e fino a mezzanotte circa come se non bastassero i pensieri intrusivi che lottano con la melatonina ogni volta che chiedo alla mia testa di staccarsi. Il casino generato mette molto in discussione le mie idee. Io che non ho la televisione da due anni (e sto benissimo) mi auguro che si piazzino davanti a Cartoon Network tutta la notte magari con un bel trio di cuffie wi fi.
Io che non darei farmaci con facilità a un bimbo mi ritrovo a sognare tisane di camomilla e Xanax (pochissima camomilla) per chetare (sto dimenticando l'italiano a favore del toscano accidenti) le grida di rivoluzione del trio carlucci di Pisa.
Ma in fondo sono solo bambini (anzi bimbe visto che di cromosomi Y non c'è traccia), non bisogno sedare la loro voglia di libertà, la loro espressività. Non vorrei mai ritrovarmi derubato da una baby gang perché ho traumatizzato la loro infanzia.
Avanti Riccardo, passa tutto, il vento cambia, la ruota gira e vie tutte quelle stronzate che la gente dice semplicemente perché ha paura di dirti che in fondo sei uno sfigato (che so di essere visto che ho un blog). 
Dai Riccardo sii ottimista, si sistemerà tutto e riprenderai a dormire, le bimbe si stancheranno.
Con questi pensieri stamani incontro i miei vicini: il babbo, le carlucci e per la prima volta la mamma. Sorrido, saluto e vedo che è in dolce attesa. Facciamo che comincio a essere ottimista da domani.

mercoledì 14 novembre 2012

The winner is... (seconda volta)

Riccardo Grillo. Il racconto che ho scritto per il concorso "Storie di ordinario vicinato" che aveva come tema il disagio mentale e la convivenza con la "normalità" pur non avendomi fatto vincere quei bellissimi duecentocinquanta euro è stato selezionato per la pubblicazione (in uscita tra aprile e maggio prossimi). Il fatto comico è che in realtà non mi è piaciuto molto il mio racconto però a quanto pare è piaciuto ad altri. Anche lo scrivere è fatto di punti di vista. Anzi di differenti letture.

domenica 11 novembre 2012

Riccardog awards

Ho vinto il mio primo concorso letterario per via degli undici anni di un locale di Pisa (www.numeroundici.it). Ora preso da questa voglia irrefrenabile di scrivere ho deciso di lanciare il mio primo concorso, il Riccardog contest.
Ecco il regolamento:
  1. Possono partecipare tutti
  2. Non esiste quota di partecipazione
  3. Il tema è libero
  4. Per partecipare dovete mandarmi un titolo su cui scrivere un pezzo
  5. Il titolo può essere mandato per posta elettronica, per sms, per fax, per telegramma, per posta tradizionale o utilizzando il buon vecchio piccione
  6. Se il titolo mi renderà ricco e famoso a voi lascerò la gloria. A me bastano i soldi
  7. Il vincitore non verrà dichiarato durante una noiosa serata con la presenza delle autorità e qualche giornalista di provincia. Il vincitore vedrà il suo titolo pubblicato e un pezzo scritto per lui. potrà inoltre vantarsene con gli amici al bar o scriverlo sul suo curriculum (tutto fa brodo o come diceva Tolkien tutto fa Frodo)
  8. La battuta del punto 8 è veramente brutta
  9. In caso di ex aequo scriverò due pezzi per il blog. Attenti a non bullarvi al bar lo stesso giorno!

Parigi val bene una messa, dieci dollari valgono un blog?

Due giorni fa la Enom (società di Google che controlla Blogspot e gli acquisti dei domini fatti tramite loro) mi ha scritto una mail dove mi diceva senza girarci intorno che ho tempo fino al 5 dicembre per rinnovare l'affitto di quel pezzo di world wide web.
Le opzioni prospettate erano tre:
. Rinnovo il dominio e pago dieci dollari
. Non rinnovo il dominio e torno al sottodominio di Blogspot (ma devo comunicarglielo per iscritto)
. Sto zitto e perdo tutto, post e dominio
In questo momento sarebbe bello mettere uno di quei tasti di Paypal e richiedere soldi per salvare il mio diario informatico dei pensierini. Così per curiosità, per vedere quante persone mi manderebbero un euro per potermi "permettere" di andare avanti. Oppure come Paolo Attivissimo che invita i suoi lettori a mandargli un buono per una pizza per dimostrargli che il suo blog è utile (un blog che parla di sicurezza informatica).
Ma in fin dei conti ho ancora dieci dollari da investire e tenermi quel pezzo di web che possiedo insieme a un motorino di ventanni, una bici verde militare, una libreria che ancora sa d'arancia e una chitarra compagna di momenti galeotti.
E poi, come mi ricorda Neil Swabb tramite Mr. Wiggles tutti i trentenni sfigati dovrebbero avere un blog per dimostrare a tutti di essere sfigati.

Dedicato a...

Scrivendo i tipi di lettori che leggono il mio blog mi sono reso conto di aver dimenticato chi mi sostiene più di tutti nel mio scrivere. Chi non solo mi legge, mi commenta ma mi commissiona lavori! Chi illustrerà il romanzo che sto scrivendo, non appena mi deciderò su come finire il mio primo libro (quello per cui verrò intervistato...). Ora mi sembra giusto che la mia groupie abbia un post tutto per lei. Però pur rimanendo nel rispetto della privacy come faccio a dirle che è dedicato a lei questo post? Potrei scriverlo in codice. Potrei dirle che voglio assaggiare il suo succo di frutta entro Natale. Oppure che è grazie a lei che bevo (anzi bevevo) la birra alla canna. Oppure basta. Sono sicuro che abbia capito la diretta interessata.

Tocca a te!

Ci sono tre uomini in cerchio. Stanno discutendo, tra voce alzata, braccia al cielo e frecciate più o meno carine. In mezzo a loro c'è un altro uomo a terra che non riesce ad alzarsi sofferente. I tre discutono su chi debba aiutarlo a tirarsi in piedi poiché il malcapitato si trova equamente vicino a tutti e tre.
C'è chi sostiene che non tocchi a lui per motivi religiosi, chi adduce motivi politici, chi questioni di principio e morali.
Il clima si surriscalda e dal dover decidere a chi tocca si passa a parlare dei motivi per cui a nessuno tocchi.
Passa ancora altro tempo e finalmente (almeno per i tre) l'uomo a terra smette di soffrire, perché smette di vivere. I tre smettono di litigare e ognuno torna a casa propria, più convinto di prima di aver ragione.
E fu così che a causa di politica, religione e morale fu un pover uomo a finire male.

mercoledì 7 novembre 2012

Ciò che mi rende bello

Ciò che mi rende bello è la mia curiosità fin dai tempi delle elementari. Ciò che mi rende bello è il sopracciglio sinistro e la sua inconfondibile cicatrice. Ciò che mi rende bello è il tentativo di vedere le cose da un altro punto di vista. Ciò che mi rende bello è esserci per gli altri, o almeno provarci. Ciò che mi rende bello è il sorriso (anche se si vede molto poco). Ciò che mi rende bello è sforzarmi di essere coerente e rispettare i miei principi morali. Ciò che mi rende bello è la diversità delle persone che mi conoscono, mi leggono, mi vogliono bene. Ciò che mi rende bello è il mio battere il tempo quando sono in coda. Ciò che mi rende bello è il latte di soia che bevo la mattina. Ciò che mi rende bello è la montagna, le passeggiate, le chiaccherate, i compagni di viaggio. Ciò che mi rende bello è il cinema e il mio mettermi ostinatamente in seconda fila per vedermi il film prima degli altri. Ciò che mi rende bello è la sistemazione dei miei libri: a volte per casa editrice, a volte per colore o in ordine cronologico. Prima di finire dove dovrebbero andare tutti i libri: in biblioteca. Ciò che mi rende bello è la bicicletta, il bus, le mie gambe e il basso impatto ambientale che genero. Ciò che mi rende bello è lasciare il segno in uno scritto piuttosto che in un abbraccio, in una battuta piuttosto che in un bacio. Ciò che mi rende bello è il non parcheggiare sui marciapiedi nemmeno per cinque minuti e il salutare tutti per primo dall'impiegata delle poste all'autista.
Ma ciò che rende tutto questo meraviglioso è ritrovarsi una sera, da solo e dirsi che forse ne vale la pena, nonostante tutto.

domenica 4 novembre 2012

Modello numero cinque

Non posso dire di essere il blog più letto in Italia e nemmeno a Cortemilia, visto che ho solo sette persone che si sono iscritte al mio modo di dimostrare a tutti di essere uno sfigato (uso la definizione di Mr Wiggles sui blog).
Ho scoperto però che seppur pochi i miei lettori hanno caratteristiche che li possono ricondurre a vari modelli. Vediamoli nel dettaglio

Modello ST: solitamente femminile, legge spesso il blog e ne comunica i contenuti alle amiche

Modello SD: appena scoperto il vostro blog si legge tutti i post e arriva a commentare anche quelli più vecchi di un anno

Modello A: sbaglia un commento scrivendo di cosa crede di aver letto e non di cosa ha letto veramente

Modello GB (uno dei miei preferiti): non legge il vostro blog perché tanto vi vede tutti i giorni (ancora non l'ho capita questa)

Modello D: definisce carino qualche vostro post. Coccoloso no?

Modello C: probabilmente non legge il vostro blog ma voi nemmeno lo sapete

Modello M: non ha tempo di leggervi

Modello R: risponde ai vostri post con i video di you tube

Però visti da qui con tutti questi modelli il mio blgo sembra importantissimo!

Ps  Stasera continuo a scrivere ma siete fortunati perchè non pubblico tutto (altrimenti povero modello SD o ST!)

Mi dispiace. Ti dispiace?

Avete presente quella manina fastidiosa di origine romana che usate per commentare tutto ciò che i vostri cari amici di Facebook scrivono fanno, leggono, copiano?
Esatto proprio la manina del Mi piace, Non mi piace. Ora nell'attesa di scrivere un post in cui mi incazzo con tutte le meravigliose persone cafone che pubblicano mie foto su Facebook e fanno sì che riceva complimenti sulla mia bellezza ai matrimoni o sulla mia altezza alle elementari, torniamo alla visione manichea di Facebook del Mi piace, Non mi piace.
Se ci pensate un attimo sono usatissimi nel social network più amato dai violatori/violentatori della privacy mentre non sentite mai per strada commenti simili (fatta esclusione per la vostra amica quando vi dice che il colore turchese verde dei vostri capelli le piace, mentendo).
Nel mondo reale a farla da padrone è il Mi dispiace. C'è un popolo la fuori pieno di gente dispiaciuta per voi, sia se non trovate la mozzarella in sottocosto al supermercato piuttosto che quando venite bocciati a un esame. C'è un popolo dispiaciuto per ogni cosa brutta vi succeda pronto a partecipare alla vostra sfortuna. Ah la compassione, qual stupendo sentimento per lavarsi la coscienza e fingersi vicino!
Il problema è che il Mi dispiace lo uso pure io, abituato fin da bambino a tutta una serie di forme di cortesia che ancora utilizzo. Insomma sono pure io nella trappola di cui mi lamento. E questa cosa proprio Non mi piace.

giovedì 1 novembre 2012

E' facile far scorrere la coda se sai come farlo

In un mondo di insegnanti ma privo di studenti eccomi a scrivervi due righe di educazione civica. Oggi vi dirò le piccole regole da seguire per evitare la coda.
Sono dettate dall'esperienza di chi ha fatto il cassiere per un po', l'impiegato per un altro po' e ha osservato il genere umano da entrambi i lati dello sportello o della cassa.

1) Il portafoglio. Se siete in coda al supermercato, in posta, insomma in qualunque posto dove state per usare il portafoglio tiratelo fuori prima e non all'ultimo. Eviterete ricerche affannose nella vostra borsa tra il cellulare, le chiavi del suv, il secondo cellulare, il libro allegato alla vostra rivista preferita, il terzo cellulare, il rossetto e il portafoglio.
(E non ditemi che siete in coda in un negozio di borse!)

2) I soldi. Se pagate con i contanti va bene, con il bancoqualcosa pure. Se utilizzate la carta di credito ricordatevi del documento e non cercate assolutamente la biro nella vostra borsa (tanto non c'è, controllate al punto 1) soprattutto dopo che la cassiera ve l'avrà sporta. Se la carta è bloccata non giratevi verso noi, ancora in coda spiegandoci il perché. Non ci interessa. Se invece cercate il pin del bancoqualcosa che non ricordate è nella rubrica del primo telefono alla voce pin (mossa astuta direi...)

3) Se siete di fretta perché avete parcheggiato il vostro suv da milf in doppia fila generando così un'altra coda non è un problema mio, che sono venuto in bici, e non acquisite un diritto prioritario.

4) Parcheggiare una macchina da 4 metri in un parcheggio lungo 3 è innaturale. Anche per un uomo. E genera un'altra coda.

5) Appena arrivati chiedete chi è l'ultimo. E puntatelo.

6) Se qualcuno sostiene di essere arrivato prima di voi e non è vero ditegli semplicemente "Io l'ho vista arrivare, lei?".

7) Se un prete o una suora cerca di passarvi davanti avete diverse opzioni di discorso

1 Opzione biblica: "Ma non era beati gli ultimi?"
2 Opzione storico giuridica: "Guardi che almeno questo non è stabilito dal concordato come suo diritto"
3 Opzione sessuale (funziona solo con i preti e non con tutti): "L'altra sera non aveva tanta fretta però..."

8) Siate cordiali, gentili e sorridenti. Sembra banale ma alla fine non lo fa quasi nessuno

Se non sapete cosa vuol dire milf abbandonate subito il mio blog e andate su un sito porno, ignoranti!


domenica 21 ottobre 2012

Una rosa, è una rosa, è una rosa. (Gertrude Stein)

Provocare è bello. Rimanere stupiti in conseguenza è meraviglioso. Ho sempre desiderato che qualcuno rubasse una rosa per me, o almeno un fiore ma sempre invano.
I primi fiori che ho ricevuto me li mandò la fioraia per consolarmi del fatto che nonostante ne mandassi molti non ne ricevessi mai abbastanza (anzi proprio nessuno).
Poi è capitata qualche rosa, ma mai rubata. Oggi invece guardo il vecchio tavolo che domina il soggiorno e che è spesso teatro di serate in compagnia e lo trovo più bello.
Al centro un bicchiere, poca acqua e una rosa rosa.
La prima rosa rubata per me. Sono talmente felice per questo che sto ascoltando gli Air Supply (questa volta senza vergognarmene).
Più la guardo, più una piacevole sensazione di miglioramento mi assale. Mi viene da sorridere e guardo la rosa. La osservo alla luce del sole che a quest'ora illumina la mia casa e la sensazione di miglioramento viene scavalcata da una sensazione di felicità. Hanno veramente rubato una rosa per me.
La osservo ancora e prima di uscire per pranzo penso che non sfiorirà mai. E con questa insensata certezza vado a vedere cosa succede là fuori.

venerdì 12 ottobre 2012

Succede che

Mi sveglio e mi dico: ora chiudo il blog. In fin dei conti scrivo ma non pubblico e da esercizio di scrittura sta diventando diario on line di un trentenne noioso. Allora penso all'ultimo post, una sorta di dichiarazione di intenti futuri. Ma di intenti futuri non ne ho.
Succede anche che pensi a come stia andando il tutto e mi dico: bene, fermiamoci. Stiamo per schiantarci, non abbiamo altra via d'uscita almeno rallentiamo in modo da avere un impatto meno violento.
Ma in fin dei conti non chiudo il blog e non mi schianto. Mi piacerebbe razionalmente capirne il motivo ma al momento non ci riesco. Né per il blog né tantomeno per lo schianto. Allora osservo. In casa mia una grossa finestra mi separa dal mondo del quartiere più bello di Pisa. Una via dove le mamme corrono a scuola trascinando i bimbi (sì trascinando come se fossero dei trolley), i militari dell'aeroporto parcheggiano in ogni punto immaginabile e gli studenti vanno in bici contromano. Non li ferma la pioggia e non si scontrano quasi mai.
Vagheggio un po' e mi chiedo dove stiano correndo tutti. In realtà li invidio, molti anni fa ero come loro. Correvo senza chiedermi nemmeno il perché e cercavo di non pensare. Ma i pensieri come i Gremlins si sono moltiplicati e mi hanno chiesto il conto obbligandomi a pagarlo in scomode rate mensili.
Ritorno a me e mi richiedo perché non mi schianti e perché non chiuda il blog. In fin dei conti forse una piccola parte di me crede che possa avere qualcosa di buono dalla vita e attende, a volte senza impegno, a volte presa da troppa stanchezza.
Attendo qualcosa, un qualcosa migliore di tutto quello che ho provato fino ad ora. Non me ne rendo conto, non corro più ma aspetto.
E con il blog cosa faccio? Attendo. Aspetto di scrivere. Perché credo, nel profondo del mio essere, che il post più bello non l'abbia ancora scritto.


Ps E mi stupisco che riesca ancora a scrivere di getto senza fermarmi, senza aspettare nulla.

giovedì 4 ottobre 2012

Nella buona e nella cattiva sorte

Per qualcuno il 2012 è l'anno della fine del mondo, per me è l'anno dei matrimoni. Sopravvissuto a sabati e domeniche di festa, già arrivano proposte per l'anno venturo.
Gli sposi cambiano, il vestito resta lo stesso mentre camicie e gemelli vanno a nozze in modi diversi.
Immancabilmente tutti questi matrimoni mi fanno pensare non tanto al mio futuro affettivo (che è un po' come la Grecia) quanto ai rapporti di coppia in generale. Vedo amici che si sposano fiduciosi nel loro futuro e provo una sensazione anzi una certa condivisione del momento. Intanto vedo altri amici che dopo anni di matrimonio o convivenza chiudono una storia. 
Niente di strano, nulla è eterno e spesso le situazioni cambiano. O meglio le condizioni. Perché un rapporto si basa su condizioni e non solo su quelle contrattuali. Una mia amica rispose al prete, che era andato a ricordarle che il matrimonio è un giuramento di fronte a dio, che lei prometteva l'amore all'uomo che sposava in quel momento.
Ora detto così sembra una dichiarazione di tradimenti futuri, mentre lei si riferiva alle condizioni.
Ci sono eventi che ci cambiano, ci sconvolgono. Non sappiamo affrontare la morte e ancor peggio non sappiamo affrontare la sofferenza. Questi eventi cambiano la nostra persona o forse tirano fuori parti del carattere che erano sopite.
Cambiamenti che modificano le condizioni, condizioni su cui si basa il rapporto, rapporto che finisce (a almeno dovrebbe).
In realtà eccezion fatta per amici e amiche separati (ma quanti siete!) conosco anche chi crede nel matrimonio come scelta di  impegnarsi senza se e senza ma. Non riesco però a convincermi che sia questa la posizione giusta o almeno la forma mentis ideale.
Poi ripenso alla formula, nella buona e nella cattiva sorte e la trovo abbastanza ridicola. Nella buona sorte cosa ci vuole a mandare avanti un rapporto? Nulla va da se. Ma nella cattiva? Cosa si intende per cattiva? Condizioni che cambiano? Marito violento? Moglie infedele?
Avrebbe senso mandare avanti un rapporto così?

Poi mi rilasso e mi ricordo che in fin dei conti non mi tocca più di tanto. Io e la mia solitudine stiamo sempre insieme. Nella cattiva e nella peggiore sorte.

domenica 30 settembre 2012

Vanity blog

Non bastavano i numeri passati di Internazionale. Non bastavano le copie di Terre e nemmeno la biografia di Rita Levi Montalcini (che come potete ben immaginare non è breve).
Da oggi per passare il tempo in bagno mentre doveri fisiologici mi impongono la presenza è arrivato Vanity fair! Nessun abbonamento scontato, nessuna idea stramba del mio coinquilino.
Il mio medico mi ha detto di pensare meno. E un mio caro amico ogni settimana mi porta il famoso magazine di carta patinata.
Ma perché condannarlo senza pietà? Proviamo ad esaminarlo per bene. In copertina la strafiga di turno è Blake Lively, la Serena di Gossip Girl (una terribile serie televisiva che seguo con la scusa di migliorare il mio inglese) e i titoli che preannunciano (spoilerano?) il settimanale.
Superata la prima pagina ecco una ventina di pagine di pubblicità di moda: tutte immagini, nessuna scritta. Quindi ecco la posta al direttore anche se non viene citato ( e se fosse una direttrice?). Un'altra decina di pagine di moda ed ecco la prima rubrica curata da un giornalista noto a tutti: Gad Lerner. "L'infedele" giornalista analizza la situazione legata alla vendita di La 7, dove a quanto pare lavora ancora (senza televisione mi sono perso dei pezzi per strada). Insomma non esattamente un pezzo di gossip. Procediamo. Ecco invece Mentana che scrive della Fiat e dei problemi annessi. Sempre per la serie cerchiamo di svagarci direi... Quindi eccola, lei. la giornalista, la donna che mi intervisterà quando sarò famoso per la vendita del mio libro, la donna che bacerò in diretta tv che parla del topless della principessa d'Inghilterra (o del Galles?). Ma proseguiamo. Altre dieci pagine di moda ed ecco uno dei principi della moda italiana, Alessandro Benetton che parla di giovani senza lavoro. Ma dico io, parlare dei pullover colorati no?. Quindi pagina dei giovani che raccontano la crisi ( e vai...) e finalmente il sommario. Ma non voglio togliermi nessun gusto ora e andiamo avanti!
Ecco quindi altre venti pagine di, di ,di... bravi! Pubblicità!
Quindi le news che vanno dal principe d'Inghilterra alla rabbia musulmana per il film su Maometto, dagli uragani in America alla primavera araba. Pagine su guinness vari, oggetti di cui non abbiamo bisogno e finalmente un pezzo su Renzi che mi interessa ben poco (aumenterebbe solo la mia antipatia nei suoi confronti.
Altra pubblicità, quindi il pezzo sulla ragazza della copertina (e da copertina direi) e finalmente a pagina 171 un po' di gossip! Insomma una delle cose che meno fanno pensare e più mi fanno bene. Passate le trenta pagine di gossip intervallate da pubblicità (anzi ritratto: è l'inverso) ecco due articoli su due attori che non conosco e il pezzo su Mika che conosco e ascolto (e leggerò la prossima volta).
Ora la rivista ha  350 e passa pagine e noi siamo poco oltre la metà quindi concludo la mia analisi cultural sociologica.
Ma con tutti i giornali vuoti dovevi portarmi uno che mi fa pensare più di prima?

(tempo di lettura 7 minuti)

mercoledì 29 agosto 2012

La pecora, il lupo, il cavolo. Per non parlare dell'uomo

Vi ricordate quel rompicapo legato all'uomo che deve portare attraverso un fiume una pecora, un cavolo e un lupo? Fermo restando che ancora nessuno ci ha spiegato cosa se ne faccia un uomo di un lupo a meno che non si tratti di San Francesco, questo allegro giochino offre moltissimi spunti per la vita quotidiana. 
Pensate ai matrimoni e al terribile momento per gli sposi in cui devono sistemare gli invitati ai tavoli.
Non possono mettere quella zia con quello zio perché non si parlano stando attenti a non mettere Luca con Maria perché lei ha avuto un figlio da Giovanni prima che lui si separasse da Anna etc etc etc senza contare gli invitati messi per tacer della famiglia.
Ma l'applicazione del gioco più bella che ho trovato è nel momento nella triade Momento, Luogo e Persona.
Capita di avere la persona giusta ma essere nel momento sbagliato (per non parlare del luogo). Oppure di essere nel luogo e nel momento sbagliato ma di avere la persona giusta. Come quando negli aerei presi di mira dai terroristi si trova sempre una donna incinta al settimo mese di gravidanza e ovviamente partorirà sul velivolo.
Momento sbagliato luogo sbagliato. Persona? Ovviamente su quell'aereo ci sarà un medico (viaggiano sempre ecco perchè le liste d'attesa sono lunghe). Ma ahimè sarà un microbiologo o un igienista. Persona sbagliata.
Cinema a parte, sistemare momento, luogo e persona risulta essere molto più complesso del giochino della pecora e del lupo (che ricordo è totalmente inutile, la carne di lupo è durissima e non rende con il cavolo stufato).
Tutto questo per dire ma soprattutto dirmi cosa? Che se fossi nel momento sbagliato, nel posto sbagliato e con la persona sbagliata sarei più sereno. Nulla la mente ti occupa, nulla ti preoccupa.
Invece temo che se momento e posto lo siano, la persona potrebbe essere quella giusta.
Proprio accidenti a me (e a te!)

Ps So che state cercando utilità a un lupo ma non sprecate tempo...

lunedì 27 agosto 2012

Un piccolo passo per l'uomo, un grande passo per l'umanità

Nell'attesa che Spinoza dissacri la morte di Armstrong ecco una piccola chicca tratta dai Griffin. Guardate qui.

venerdì 24 agosto 2012

Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce. Purtroppo!

C'è stato un tempo, neanche tanto lontano, in cui ero una persona romantica. Uno di quelli che chitarra in mano suonano sotto il balcone (ancora a chi non so visto che in casa non c'era nessuno). Un tempo in cui ogni scalino della casa aveva una candela e ogni candela era un anno. Soffiate tutte, la cena attendeva. C'è stato un tempo, questo molto più lontano, in cui portavo la notte stellata a chi il cielo non poteva vederlo. Senza dimenticarmi di rubare una rosa, perché a comprarle siamo buoni tutti. C'è stato un tempo, un terribile tempo, un disastroso tempo dove avrei scritto su una torta Ti amo. Accidenti a me l'ho fatto.
Il tempo odierno invece ha abbandonato il romanticismo per portarmi nella noia dell'abitudine e consapevole del rischio che questa diventi rassegnazione.
Proprio ora che vedo tutti sposarsi e io ho come unico compagno di vita il male oscuro. Mi sposerò mai? No, a meno che non mi vanga chiesto così. In quel caso potrei pensarci seriamente (prima di dire no).

E ora qualcosa di completamente diverso

La prima sensazione è di stupore. Stupore,proprio stupore, perché accade molto raramente. 
Rassicurato la seconda sensazione è di tranquillità prima crescente quindi in diminuzione per lasciare spazio e tempo alla sicurezza. 
La sensazione di sicurezza è la più bella. Forse per l'idea di protezione oppure per la speranza che quel momento diventi infinito.
Passata la sicurezza sopraggiunge la stabilità.
Poi finisce tutto e rimane la voglia di rifarlo e di trasmettere tutto ciò ad altri. 
E pensare che in fin dei conti è solo un abbraccio. Niente di più.

lunedì 13 agosto 2012

Portami a ballare

Desideroso di fuggire come i protagonisti di Mediterraneo, confuso come un laureato in lettere moderne che deve scrivere un curriculum, eccitato come una vecchia prostituta prossima alla pensione. In San Giusto tutto tace. Il silenzio logora. Soprattutto se fai di tutto per non pensare e arrivi al punto di ascoltare musica pop anni ottanta (tipo True Blue tanto per intenderci).
Oggi penso all'affetto o per i più romantici e ottimisti all'amore. Penso che si stanno sposando un po' tutti. Penso che tutti mi parlano del loro futuro, dell'altra metà del cielo. Penso che il letto a una piazza e mezzo mi ricorda che manca qualcosa (oltre a nuove lenzuola). 
A quel punto riprendo la mia fedele razionalità e ammetto a me stesso i mille e più motivi che definiscono la mia solitudine e me ne faccio una ragione. In fin dei conti ciò che mi manca è semplicemente un ballo. Niente di più. Stacco la testa e torno a leggere. Mi ritrovo a Ferrara, siamo nel 1938 e ancora non so come finirà tra Micol e il protagonista. 
Qualcuno che esiste benedica la lettura (e i classici)!

mercoledì 8 agosto 2012

Cose che ho imparato in un anno tra un post e l’altro


1)  Andare ai matrimoni è un modo per ricordarmi che non mi sposerò mai. 
Per non parlare del fatto che non posso annegare la mia tristezza nell’alcol. (Se metto due O mi compare un errore... mah!)
2)  La sobrietà è sottovalutata. Conoscete il piacere di liberarvi delle cose? Regalare libri, vestiti agli altri? Per non parlare del liberarsi delle persone.
3) La montagna aiuta a riflettere.
4) Anche senza Mr. Wiggles la tua vita può andare avanti. Ovviamente peggio.
5) Scrivere un libro di carattere medico non vuol dire necessariamente conoscere la consecutio temporum.
6) Ormai tutti scrivono. Dovrei dedicarmi alla scultura.
7) La bellezza è morta, l’intelligenza è fuggita e la simpatia è nascosta. Meno male che è rimasto il cinismo.
8) Non ci sono più le mezze stagioni, nemmeno nella pizza.
9) Sono state più le volte in cui ho ricevuto complimenti per la mia intelligenza che per la mia bellezza. Uffa! Domani mi compro una televisione e comincio ad andare in palestra.
10) Matteo B. Bianchi ha più di 150 follower del blog, io meno di 10. Credo che questo voglia dire qualcosa ma non saprei bene cosa.
11) Se mi rompo una gamba devo evitare il Pronto soccorso di Pisa. Mi romperebbero anche l’altra.
12) Ci sono tanti medici bravi e competenti che hanno voglia di insegnare. Ma purtroppo non sono professori.
13) Comprare solo libri usati mi regala un senso di coerenza inspiegabile.
14) Alla faccia di tutto e di tutti sono sempre più bello.
15) Devo riprendere lo studio dello spagnolo.
16) Ai matrimoni faccio sempre un figurone. D’altronde lo stile non è da tutti...
17) Ridere della morte è bello. Avere una nonna che ride della morte è meraviglioso.
18) Ci sono cose che non si possono comprare. Ma tanto non mi servono.
19) Non importano né la meta né il viaggio, importano i compagni di viaggio. Anche in vacanza.
20) Senza il mio blog sarei meno sfigato ma sicuramente sarei un po’ più triste.
Per questo non lo chiudo (nonostante i 9 euro annuali).

lunedì 6 agosto 2012

Gli anni, le scarpe, la bellezza e un racconto

Come un novello Cenerentolo (o meglio Cenerantolo) in occasione del mio compleanno ho ricevuto un paio di scarpe. Beh non serve Sarah Jessica Parker per dire che un paio di scarpe fa sempre piacere. Ho sempre sperato di ricevere un paio di scarpe come regalo. Trovo che sia un modo carino di dirti che anche se hai molta strada da fare, c'è chi ti sostiene e sicuramente io non sono una persona cui manca il sostegno delle persone.
Ora però mi serve un evento con cui inaugurare le mie scarpette.
Qualcosa di originale dove poter sfoggiare le mie belle scarpette da giovinetto nonostante il declino dell'età.
Nessuno ha idee in merito?

martedì 24 luglio 2012

Quando il pomodoro è veramente d'oro

Di ritorno dal medico, sconfortato perché la mia visita ecografica avverrà a novembre mi ritrovo verso la strada di casa. Vero è che la strada che mi separa dal responsabile ufficiale del mio stato di salute è breve, saranno cinquecento metri e due attraversamenti pedonali (di cui uno su viale dell'aeroporto).
Ma quei cinquecento metri mi hanno regalato un piacevole incontro.
Si chiama Piera, ha 82 anni ed è indipendente. Mi adora, perché le ho sistemato per due volte la televisione (io che non ho la televisione in casa!), ma per Febbre d'amore si fa questo ed altro. Si rivolge e me dandomi del lei perché è abituata così. Spesso la sera mi regala piccole perle di saggezza che fuori  fatico a trovare.
Oggi mi ha detto che mi stava cercando. "Cavoli dovrò risistemarle il televisore" ho pensato. Oppure spostarle qualcosa di pesante. Piera aveva un dono per me. Fresco di orto, rosso sfumato e privato della terra mi sono ritrovato con tre pomodori per cena. E mi sono reso conto che veramente tra le mano quel pomodoro valeva molto di più.

mercoledì 18 luglio 2012

Scappo dalla città 2


E mi ha mandato pure la check list!



COSA SERVE PER ANDARE IN MONTAGNA


Tutto ciò che va nello zaino va diviso in sacchetti di plastica.

Per l'igiene
Saccolenzuolo
Asciugamano scuro
Saponettina con custodia
Salviette bagnate1
Fazzoletti di carta 1 pacchetto
Spazzolino da denti
Filo dentale
Crema ad alta protezione e burro di cacao bianco
Crema doposole
Aulin
Tavor o altro per dormire oltre i 3000
Tappi per gli orecchi 2 paia
Cerotti medicati grandi e piccoli
Cerotto a nastro2

Per le escursioni

Ricambio-pioggia: T-shirt di lana e seta, calzamaglia e pantaloni di tuta3 (ma secondo la stagione potrebbe bastare anche la sola calzamaglia) slip, maglione di pile, calzettoni).

Oltre al ricambio-pioggia ci vuole:

Pantaloni combinabili (sotto i 3000)4
Calzoncini da atletica e salopette (sopra i 3000 o per ghiacciaio)
Camicia di lana o flanella 1 x sett.5
Calzini fini cotone 2 x sett.
Calzettoni 2 x sett.
Giacca a vento a guscio
Cappello di lana
Guanti di lana
Cappello bianco antisole
Fascia antisudore
T-shirt di lana e seta 1 ogni 3 gg.
T-shirt bianca di cotone 1, giusto per vanità
Slip 1 ogni 3 gg.
Ballerine6
Scarponi e lacci di ricambio7
Mantella per pioggia
(Costume da bagno, ciabatte da piscina e cuffia se si sta in albergo)








Materiale tecnico
Bastoncini da trek, sempre
Lampada frontale o pila, sempre
Occhiali da sole
Custodia rigida per occhiali
Imbracatura, cordino, casco e guanti da lavoro se si va in ferrata
Piccozza e ramponi (ghiacciaio)
Carte topografiche
Fischietto potente
Tessera CAI
Macchina fotografica
Coltello multiuso
Lapis e blocco appunti
Sacchetto per le immondizie
Fogli di giornale
Cannocchiale (nelle escursioni, nelle ascensioni è un peso inutile)

Per mangiare
80 gr./die di frutta secca mista8
50 gr./die di cioccolata
Scatola per cibo
Borraccia
Latte condensato 1 tubetto (ghiacciaio)
Bustine di thè al limone liofilizzato (ghiacciaio)
Caramelline di parmigiano (ghiacciaio)


Sul ghiacciaio
Per fare un'ascensione su ghiacciaio il viaggio si fa con scarpe e pantaloni leggeri, tutto da lasciare in autobus per il ritorno, e una T-shirt di cotone che serve anche per arrivare al primo rifugio. In autobus lasciare anche una T-shirt di ricambio.
Evitare gite su ghiacciai di oltre 5 ore perché si deve considerare sempre 1 ora in più.
Calzettoni pesanti di lana 2 x sett.9
Cappello di piumino10
Paraorecchi di pile11
Guanti di lana
Ghette
Paranaso
Imbracatura + pezzo di corda per chiuderla con moschettone a ghiera
1-2 cordini con relativo moschettone

1Servono molto di più della saponettina e ci si fa anche il bidet. Non prendere le salviette disinfettanti perché asciugano troppo in fretta.
2 Ricordati il vescicone allo Speickboden nel 2009.
3Che fanno anche da pantavento se fa freddo.
4I Bailo vanno bene per Apuane o Montagna Pistoiese: se si bagnano non asciugano mai. Per le Dolomiti ricordarsi dell'acqua presa alla festa al XII Apostoli.
5Per camminare col freddo o ci si ferma sudati.
6Da mettersi al rifugio. Se si usano i Koflach non servono.
7I Koflach sono 1/2 numero troppo grandi. Metterci una soletta.
8Meglio farsela fare al mercato di S. Lorenzo con 50% d'ananas e il resto di albicocche, banana, mango e papaia. No cocco.
9Specialmente a settembre.
10Idem come sopra.
11Idem come sopra.

Scappo dalla città


A breve fuggirò sui monti (senza Annette ma con il cielo sempre blu) e il mio compagno di viaggio mi ha spedito queste istruzioni da seguire alla lettera.

CONSIDERAZIONI PER ANDARE IN MONTAGNA L'ESTATE

MENO ROBA SI PORTA PIU' LEGGERO E' LO ZAINO CHE NON DEVE PESARE PIU' DI 10-11 KG A PIENO CARICO E BORRACCIA VUOTA.
NON SUPERARE ASSOLUTAMENTE I 12 KG: SE C’E' ANCHE LA CORDA SI DEVE CALCOLARE 3 KG IN PIU', CHE E' UNA FATICA MICIDIALE.

Si carica lo zaino mettendo sul fondo qualcosa di morbido e di uso non frequente come l'abbigliamento di ricambio e fogli di giornale che possono servire per tappare il vento o per far asciugare gli scarponi. Sopra a questi, vicino allo schienale, mettere il cibo e il necessario per l'igiene, mentre alla stessa altezza ma lontano dalla schiena mettere capi d'abbigliamento di uso più frequente come la camicia e il pile.
Lo scomparto interno della patella serve per documenti, soldi e chiavi. Quello esterno per cartine, coltello, occhiali e piccola farmacia.

Nella scatola del cibo va la frutta secca in sacchetto di Nylon, non di cellophane che si rompe, cioccolata e altro se c'è.

E' inderogabile avere un ricambio-pioggia: T-shirt di lana e seta, calzamaglia, slip, maglione di pile, pantaloni di tuta, calzettoni. Anche per escursioni di 1 giorno è imperativo portare il sacchetto col ricambio: se si arriva al rifugio fradici di pioggia o di sudore (a quote alte spesso c'è vento freddo), è un conforto avere un ricambio caldo e asciutto.

Fino a 3000 metri conviene avere i pantaloni combinabili: se è bel tempo si cammina coi bermuda e T-shirt mista di lana e seta (se fa molto caldo si cammina a torso nudo con zaino a pelle perché si risparmiano le T-shirt); se fa freddo o se piove si cammina coi pantaloni interi. Per ascensioni su ghiacciaio oltre i 3000 ci vuole invece la salopette, nel qual caso invece dei bermuda si portano i calzoncini da atletica leggera che pesano meno.


Per stare nel rifugio usare le ciabatte del rifugio, se ci se ne giova, perché, se si bagnano nei cessi se le tengono loro anziché rimetterle nello zaino. Le ciabatte nello zaino ingombrano. Per ogni evenienza è utile portare le Espadrilles, che ingombrano poco. Le ciabatte del rifugio restano comunque la soluzione migliore.


SEGNALAZIONI DI AIUTO
Lanciare un segnale acustico o visivo 6 volte al minuto, cioè ogni 10 secondi, da ripetere dopo un minuto di pausa.
Chi riceve ripete un segnale acustico o visivo 3 volte al minuto, cioè ogni 20 secondi.


Segnalazione diretta, se si è sicuri di essere visti:

braccia al cielo = OCCORRE AIUTO.
un braccio al cielo e uno a terra = NON OCCORRE AIUTO.

venerdì 6 luglio 2012

Un pensiero di Emil Cioran

Ci sono due modi di sentire la solitudine: sentirsi soli al mondo o avvertire la solitudine del mondo. Chi si sente solo vive un dramma puramente individuale; il sentimento dell'abbandono può sopraggiungere anche in una splendida cornice naturale. In tal caso interessa unicamente la propria inquietudine. Sentirti proiettato e sospeso in questo mondo, incapace di adattarti ad esso, consumato in te stesso, distrutto dalle tue deficienze o esaltazioni, tormentato dalle tue insufficienze, indifferente agli aspetti esteriori – luminosi o cupi che siano –, rimanendo nel tuo dramma interiore: ecco ciò che significa la solitudine individuale. Il sentimento di solitudine cosmica deriva invece non tanto da un tormento puramente soggettivo, quanto piuttosto dalla sensazione di abbandono di questo mondo, dal sentimento di un nulla esteriore. Come se il mondo avesse perduto di colpo il suo splendore per raffigurare la monotonia essenziale di un cimitero. Sono in molti a sentirsi torturati dalla visione di un mondo derelitto, irrimediabilmente abbandonato ad una solitudine glaciale, che neppure i deboli riflessi di un chiarore crepuscolare riescono a raggiungere. Chi sono dunque i più infelici: coloro che sentono la solitudine in se stessi o coloro che la sentono all'esterno? Impossibile rispondere. E poi, perché dovrei darmi la pena di stabilire una gerarchia della solitudine? Essere solo non è già abbastanza?

mercoledì 27 giugno 2012

Il ritorno di Matt

Lo potete vedere qui. Intanto il sonno della mia ragione sta generando sogni...

lunedì 25 giugno 2012

Le regole dell'infradito

Per tacer di Internazionale

1) Le infradito le puoi portare in spiaggia, in spiaggia e talvolta in spiaggia d'inverno. Per il resto evita.

2) Le infradito sono un insulso pezzo di plastica. Non ti rendono più bello, solo più inquinatore.

3) Se sono di marca fai solo la figura del cretino. Perché spendere trenta euro per un pezzo di plastica che i cinesi ti vendono a tre?

4) Se proprio vuoi metterle per uscire assicurati di essere una donna e di averne un paio in pelle.

5) Ai matrimoni sono bandite. Anche se odi la sposa e se sei stata a letto con lo sposo poco tempo prima. (Mi rivolgo al femminile perché non ho mai visto un uomo con le infradito a un matrimonio; però ho conosciuto uno che si è sposato con le quechua nere)

6) Ma soprattutto perché quelle con la bandiera del Brasile?

sabato 23 giugno 2012

la differenza tra me e me

Scriverei di fragole ma ho in testa solo mele. Oggi il Riccardo che scrive e il Riccardo che sopravvive si sono dati da fare per inscenare una lite degna di finire su Forum. Pare infatti che il Riccardo che scrive voglia trattare argomenti se non metafisici almeno ottimistici mentre il Riccardo che sopravvive abbia idee molto differenti in merito. Ora non che nessuno dei due abbia particolari caratteristiche che lo possano ricondurre a qualche importante filosofo greco, ma sono proprio in guerra. A questo la commissione di garanzia che si trova a livello del lobo destro ha ricevuto parecchie lamentele. Toby, il criceto che da anni si sforza di collegare i miei tre neuroni per salvarmi dai crash non riesce più a lavorare e tutto questo si trasferisce più in basso dove gli Umpa Lumpa che ho assunto in seguito alla crisi della fabbrica di Willy Wonka (vatti a fidare degli imprenditori che usano la pubblicità) cercano di mandare avanti il mio stomaco abbastanza sofferente. Al lobo destro lavorano per cercare di salvare la situazione ma al momento non si vede soluzione. Voci di corridoio dicono che ne rimarrà solo uno. E ora per chi faccio il tifo? Platone o Aristotele?

giovedì 14 giugno 2012

Acquae

Cominci con la piscina dei piccoli, quella dove gli adulti toccano il fondale senza problemi. Cominci con il salvagente intorno alla tua pancia che ti garantisce sicurezza e ti permette di muoverti in un bacino d'acqua che a te sembra enorme.
Passa il tempo e ti perfezioni, inizi con i corsi di avviamento al nuoto e nuoti due volte a settimana nella piscina del tuo paese. Passa altro tempo e finalmente puoi andare al mare con i tuoi amici e raggiungi la boa senza problemi.
Aumentano le sfide e diventi agonista, prima le gare provinciali, poi le regionali e sogni le olimpiadi. Sei padrone della tua tecnica e con gli anni sei consapevole della tua bravura. A volte ti credi quasi invincibile.
Passa altro tempo e ti trovi ad affrontare un'emergenza. Il fiume che ti ha visto crescere esonda e tu lo affronti. E inizi a nuotare, a nuotare, a nuotare. Dai il meglio di te stesso e metti in pratica tutta la tua esperienza, che a fatica hai accumulato negli anni. Dietro le tue capacità ci sono rinunce, sacrificio, spese, amici persi per strade diverse. E mentre nuoti pensi che puoi farcela. Ed è vero, hai tutte le carte in regola. E nuoti, nuoti, nuoti. Ma la furia dell'acqua non cede. E ancora nuoti, nuoti, nuoti. Inizi a sentire la stanchezza, le gambe cedono. Poi passa alle braccia. Ti senti senza forze e a dire il vero lo sei. Eppure hai tutte le carte per farcela. Tutte? Il tempo è il tuo limite e per quanto tu possa sperarlo tu non puoi agire su di esso ma puoi solo accettarlo, nello specifico subirlo. Nuoti, nuoti ma non ce la fai più. A questo punto inizi a cedere, il corpo è stressato e la mente riprende il controllo. Ti rivedi bambino in quella piccola piscina e ti rendi conto che quel salvagente è stata una grossa illusione. E tu hai smesso di nuotare.

lunedì 11 giugno 2012

Pensare che anni fa ero così (mi fa venire un po' di rabbia...)



E intorno a me
Lo spazio immenso
                                                                      Che persino io
Non ho più senso
(Mina)

I miei primi cento giorni senza alcool

Niente medaglie, tranquilli. Ma sono ormai un centinaio di giorni in cui non tocco alcool. Almeno credo siano cento, ultimamente con le date e le programmazioni sono litigioso. Cento giorni senza vino, birra e simili. Cento giorni con due matrimoni, una prima coercizione e abbastanza due di picche da rimettermi a bere. Eppure sono qui, con tre chili in meno e la lucidità sempre presente. Sono stati giorni belli? Assolutamente no, la fatica quotidiana del vivere incombe parossistica su di me e la possibilità di salvarmi dal naufragio è pari alla possibilità dell'Italia del salvarsi dal tracollo nel giro di tre mesi.
Senza alcool ho vissuto forse più intensamente? Nemmeno, ho solo permesso ai miei pensieri di occupare il vuoto prima occupato dal bere. Certo non ho mai perso lucidità. Ma è un bene rendersi conto di cosa ti capita nella vita? Tutta questa razionalità dove ti può portare? Ispirerò la prossima canzone sanremese di Cristicchi?
In questi cento giorni ho proseguito la ricerca della sobrietà, ho regalato libri, vestiti e la mia stanza mi sembra troppo grande al punto che se potessi ne cercherei una più piccola ancora. Il mio telefono è spento per la maggior parte del giorno e ovviamente tutta la notte. A volte non rispondo nemmeno al fisso.
Insomma il naufragio è vicino, di dolce avrà ben poco ma almeno ci arriverò leggero. E magari sarà più facile salvarmi.

domenica 10 giugno 2012

Manifesto

Gli atei non mandano nessuno all'inferno.
Che non esiste.

(Manifesto dell'Uaar)

sabato 9 giugno 2012

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (gentile concessione di Cesare Pavese)


Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.

venerdì 8 giugno 2012

La posta del cuore

Ho appena scritto a Massimo Gramellini e Natalia Aspesi. Curatori di rubriche del cuore da anni, anche se non si capisce bene a che pro, non hanno raggiunto il mio livello di eterogeneità affettiva. Io che non riesco ad avere una storia di cui festeggiare almeno il primo anniversario. Io che se mai mi sentissi dire "Diventerai padre" risponderei con un bel "Dimmi che mi hai tradito". Io che le uniche storie d'amore che riesco a vivere sono quelle di Gossip Girl con l'aggravante di fare il tifo per Chuck e Blair. 
Con che coraggio io potrei far scendere dal trono Massimo e Natalia e rubar loro le rubriche? Grazie ai miei amici. I miei amici e soprattutto le mie amiche mi confidano se non tutto molto. I loro amori, i loro dubbi, le loro sviste, i loro scivoloni. Le loro emozioni, i loro tradimenti. Ogni volta che faccio notare che a me l'esperienza manca eccome mi vengono riconosciute due caratteristiche a dir loro indispensabili per essere una spalla su cui piangere, uno specchio in cui riflettersi, un abbraccio in cui perdersi. La prima è l'obiettività, la seconda la sincerità. Talvolta vanno di pari passo. A dirla tutta non posso lamentarmi se come il vaso di Pandora tengo in me tutti questi stati d'animo. A volte però penso alla mia vita affettiva, inesistente e inconsistente. Ogni volta ripenso all'ultima volta che ho detto ti amo. Era una domenica mattina, appena svegliati. Ci guardiamo e senza dire altro le mie terribili labbri pronunciano quelle due parole. Poteva essere bello? Poteva essere l'inizio di una meravigliosa storia d'amore? Forse ma la risposta fu semplicemente: "cosa vuoi per colazione?".
Devo riconoscermi che almeno ha saputo uscire da un empasse con stile. Sarò sfortunato in amore ma almeno so scegliere. O forse no?

mercoledì 6 giugno 2012

Poesie

Vi avevo già parlato della mia amica Simonetta ed ecco finalmente il suo primo libro di poesie uscito per i tipi di Marco del Bucchia. Sono 100 pagine di poesie di chi conserva ancora in sé la presenza di una speranza, per dirla con le parole del curatore (Alessandro Scarpellini). Lo potete ordinare presso la casa editrice, presso la vostra libreria o potete sempre chiederlo a me (e certo che ve lo faccio autografare). 
Ma soprattutto potete venire a trovarmi a Pisa e conoscere un'altra persona che fa parte della mia vita dandole quel qualcosa in più.
Buona lettura, con la certezza che questo sia solo il primo di una serie di libri, antidoti all'aridità generale che mi spaventa sempre di più

P.S. E comunque sì, il Riccardo dei ringraziamenti sono io...

www.princivallesimonetta.it